lunedì 30 dicembre 2013

Ha detto tutto lui

Siccome in qualche modo debbo pure sfogarmi e di corsa e nuoto mi sono un attimino rotto i maroni, mi sono iscritto ad una palestra di boxe. Stamane lezione di prova. Alla fine dell'ora vado fuori a fumarmi una mozzica, mi si avvicina l'allenatore

"Da dove vieni?"
"Italia"
"Mmm" - e capoccia dall'alto verso il basso
"Hai già fatto boxe?"
"No"
"Mmm" - e capoccia dall'alto verso il basso
"Sei arrabbiato?"
"Un po'"
"Mmm" - e capoccia dall'alto verso il basso
"Si vede"
"Sì?"
"Mmm" - e capoccia dall'alto verso il basso
"Con la carogna (roughness) che c'hai addosso, se metti su dieci chili di muscoli mi diventi campione nazionale dei pesi medi". E ride.

Per dire...

giovedì 19 dicembre 2013

Ventitré e cinquantacinque


Tra un'ora partenza da Damietta verso Il Cairo. Il volo dal Cairo a Muscat è previsto per le 18.10. Il tragitto in corriera tra Damietta e Il Cairo dura tre ore. Partiamo ad ora di pranzo perché la nostra corriera sarà preceduta, seguita e affiancata da quattro auto con cinque contractor a bordo. Così, in simpatia. Io capisco morire violentemente ma morire dopo aver passato quaranta giorni infami no. Comunque finora non è mai morto nessuno, quindi se tutto va bene saranno solo tre-quattro-cinque ore tra buche, controlli, terroristi, primaveristi e rompicazzo vari. E poi due maroni come due mongolfiere per aspettare l'aereo. Poi nel pomeriggio di domani avrò l'aereo che mi riporterà in Italia. A quel punto la mia agenda prevede questo

20

Cena: miei e suoi
Sera: uscita con amici

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Mattina-pranzo-pomeriggio: fottuto soppalco
Tardo pomeriggio: prove
Cena: amici
Sera: uscita con amici

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Mattina: fottuto soppalco
Pranzo: ex colleghi
Pomeriggio: palaghiaccio con ex colleghi e amici
Cena e sera: derby calcistico e poi la tentacolare Milano della domenica sera

23

Mattina-pranzo-pomeriggio: fottuto soppalco
Tardo pomeriggio: prove
Sera: derby cestistico

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Mattina-pranzo: fottuto soppalco
Pomeriggio: preparazione trippa e cassoeula nella cucina del bar per la Grande Notte
Sera: bbbeh...la Grande Notte

Siccome in Italia ci vado anche e soprattutto per ritornare figlio almeno per mezza giornata, spero di avere tempo per respirare almeno dal 25 in poi. Che poi vuol dire fino al 27 sera, eh...
Anche perché poi la mia verde terra al 99% la rivedrò il 19 dicembre dell'anno prossimo. Tutta questa interessantissima premessa è per dirvi che gli auguri ve li faccio ora, perché come ogni Natale, l'unico più impegnato del sottoscritto è il Bambin Gesù. Auguri a tutti, tuttini quelli che mi leggono ma in particolare, in rigorosissimo ordine alfabetico

- alla Brioche, che m'ha chiuso il blog proprio quando m'ero messo in testa di rubargli un paio di citazioni dal blog, da riutilizzare poi al club del monocolo, per suscitare l'ammirazione dei presenti.

- alla Chiara, che io ce l'avevo detto che non può piovere per sempre. E non mi stupisce la provenienza geografica dell'Uomo che fermò la pioggia. *quanta discriminazione territoriale in una sola frase* *segue Filippo che si toglie la polvere dalle spalline*

- all'Harley, Gran Donna. Però Katy dovevi lasciarmela fuori.

- alla Hostess, che mi sorveglia di lontano.

- Jakoooo, che festeggerà arrostendo cinni ma gli si vuol bene lo stesso.

- all'Orologiaio, colui che diede ad un amico lo spunto per chiedermi: "Ma con tutti i deficienti che incontri, perché non ti apri un blog come quello dell'orologiaio?" - "E chi fosse?". Tutto inizio da lì. In questi giorni starà impazzendo: solidarietà, man.

- allo Smilzo che ci ha fatto diventare un po' tutti gastroenterologi ma, checché lui ne dica, rimane sempre il mio simbolo preferito dell'Italia migliore. Quella che ogni mattina sa che dovrà camparsi la giornata, si rompe i coglioni ma non li rompe agli altri, si scoraggia, si deprime, si sconforta ma poi je dà. Sempre, ovunque, comunque. Smilzo sappi che ogni volta che mi propongono la tessera sindacale, penso a quelli come te e poi metto mano alla pistola.

(sicuro ho dimenticato qualcuno ma mi piace rischiare, ahahahahah)

Poi, per ultima, ma proprio per ultima, ma non "last, but not least". Last e bona lé: la Pulce. Io lo sapevo che quel muffin che l'anno scorso ignorai me l'avrebbe fatto scontare durante tutto l'anno ma non pensavo che fosse così perfida. Oh, non c'è una foto che non le abbia fatto vedere che non abbia meritato l'appellativo di "Bellissima". Tutte tranne quelle in cui sono immortalato. Pulcetta, lei deve capire, che seppur circondato da fimmine, io sono più donna di tutte loro messe insieme. Non può mortificare in questo modo la mia civetteria. Questa me la sono proprio legata al dito, mi s'è già necrotizzata la falangetta.

Se questo spazio nei precedenti due anni era puro divertissement, nell'ultimo anno è diventato un efficacissimo analgesico per i momenti down. E ce ne sono stati, solo il Cielo sa quanti...

Buon Natale a chi ci crede e Buona Vita a tutti gli altri. E grazie.

martedì 10 dicembre 2013

Sempre con grande umiltà e con la massima, massima, ironia


Mercoledì e giovedì scorso abbiamo compiuto due operazioni ad alto rischio. Non vi tedio con la descrizione tecnica della cosa ma abbiamo avuto a che fare per due giorni con acido solfidrico/idrogeno solforato e mercurio. Due sostanze da nulla, infatti per proteggersi (forse, andiamo poi a leggere tra trent'anni) ci si veste così.


Anche se le nostre tutine tiravano più sul verde speranza.

Il mio cruccio principale comunque non era morire ma che il cadavere avrebbe potuto portare i segni della maschera, compromettendo così una degna sepoltura. Perché anche al funerale ci vuole sempre una certa immagine. Quindi se dovesse succedere, mi raccomando, non fiori ma Rolex Ghiera Verde. Altrimenti ci sarà un funerale per i poveri in cui potrete venire vestiti come vi pare. Ma non è di questo che voglio parlarvi.

Ieri mattina visita di controllo per gli effetti a breve termine dei veleni.
Medico egiziano cinquantenne che, "diciamo, è un tipetto un po’ particolare, a quell’età puoi proprio inquadrare con certezza ASSOLUTA gli orientamenti sessuali di una persona e in lui si vede chiaramente uno spirito alternativo". (semicit.)
Sono uomo di mondo e non mi faccio intimorire almeno finché non mi dice di spogliarmi completamente. Scoprirò poi che una delle prime tracce dei veleni sono delle piccole macchie che si annidano nelle parti molli. Mi chiede se ho le lenti e gli dico di sì. Scoprirò poi che il nervo ottico è la prima terminazione nervosa assalita dai veleni. Ma sul momento anche se "io rispetto l'omofobia"


mi viene quasi da fare il simpatico ma gli dico solo che senza lenti sono praticamente da bastone bianco e cane. Mi visita scrupolosamente per quel che posso capire ma ogni tanto mi pianta lì per dei minuti interi ed esce dalla stanza, poi rientra sorridendo. Insomma, pare di essere al bar, se non che, amico mio, sarei nudo. Per carità, ho fatto per decenni vita di spogliatoio, non è che sia a disagio, ma santiddio non siamo su una spiaggia naturista, famme rimette' i miei quattro stracci e poi fai quello che vuoi. In realtà faccio il sostenuto ma complice il mio mese di lager e il suo orientamento sessuale siamo andati ad un passo dal remake egiziano di Morte a Venezia. Ma non è di questo che voglio parlarvi.

Alla fine della visita mi fa salire sulla bilancia. E lì finalmente la prima buona notizia di questo mese di merda. Redde rationem: ansia e palpitazioni. Il risultato me lo comunica lui perché io facevo fatica a vedere i lineamenti del suo volto, figurarsi a leggere una bilancia.

Bbbeh

Sono ancora sotto i settanta chili. SessantanovePuntoSette. Sentivo una gioia dell'anima che spingeva verso la testa e una gioia mentale che spingeva verso lo stomaco che ciao proprio. Una roba, rega', ma 'na roba che penso sia paragonabile solo quando ad una mamma appoggiano in grembo il figlio appena nato. Non ci volevo credere, stavo quasi piangendo.

Quando all'improvviso guardo verso il monitor della bilancia. Un attimo di smarrimento e recupero la vista. Ma 'na roba, rega', 'na roba che carote levateve.

"Scusi, signor GustavAbbronzato, cosa mi significa quel QuattordiciPuntoUno?"
"E' la massa grassa, mio adorato TadzioAncorPiùEsangue"
"Di chi? Del ragazzo di prima?" - giuro che questa l'ho detta veramente
"No, la tua"
"La mia?"
"Sì"

Ho un mancamento. Inizio a barcollare sulla bilancia. Sembro un funambolo senza stabilizzatore.

A quel punto mentre davanti ai miei occhi scorrevano le immagini di me che dovevo prenotare due posti per tornare a casa in aereo, usando come cintura di sicurezza un cavo del Golden Gate e poi...e poi...sempre di me all'ospedale coll'infermiera che diceva: "Per il signore prendi dalla dispensa i farmaci per obesi" and so on, le mie sinapsi dicevano più o meno questo

"Maccristo, ma come la mia? Ma è sicuro? Ma lei è medico? Guardi che andiamo all'università di Cheope o di dove cazzo è lei e glielo chiedo io se è medico! Guardi che se Tutankhamon la vede, salta fuori dalla piramide e la piglia a schiaffazzi "made in my life". Non è che un OSS e si spaccia per medico? Guardi, lei me lo dica: no, io in realtà butto via i sacchi. E' solo che il medico è a gnappa a Sharm e allora lo sostituisco io. E io lo accetto sportivamente. COME QUATTORDICIPUNTOUNO. Ma che, scherziamo?"

"Sul serio?"
"Ma perché è così turbato? Di solito quando gli occidentali vengono a visitarsi per queste cose sono tutti molto agitati, mi riempiono di domande, ecc. Lei era molto tranquillo, mi ha lasciato fare tutto quello che voleva, aveva i battiti che sembrava che stesse dormendo e si agita per la bilancia?"

Le sinapsi

"Senta, adesso lei stia zitto e faccia quello che dico. E' un ordine. Mi porti alla sedia a braccia, mi faccia sedere, mi dia un bicchiere di acqua, anzi una bottiglia da due litri e una scatola di Tavor. Anzi, me ne porti due. Una per sedermi e una per uscire da qui"

"Io sono partito per il viaggio di nozze che ero DieciPuntoSei"

Sinapsi

"Matrimonio a parte, ero un ragazzo felice"

"No ma guardi che le bilance bioimpedenziometriche, anche quelle che usiamo noi professionalmente, non sono precise per definizione. E' giusto una cosa così per avere un primo riscontro. Infatti io neanche la guardavo, non l'avrei nemmeno preso in considerazione, è stato lei a chiedermene conto. Le misurazioni attendibili sono altre. Magari quell'altra era tarata in difetto e questa in eccesso! Ma anche se fosse vero il dato, non succede niente, guardi che lei è ben al di sotto della soglia. Ma che preoccupazioni si fa?"

"Ah!" con una faccia che neanche quando la Trudi mi mangiò due etti di crudo con la carta e le veline nel tempo intercorso tra l'arrivo in casa e il lavaggio delle mani.

Le prossime due settimane digiuno. A Natale passato di verdura.

P.S. che prego i miei affezionatissimi di non commentare perché non voglio dare eccessiva pubblicità a tre maigoduti e malvissuti

Speravo di non doverlo mai scrivere perché letto da gente mediamente intelligente ma viste le tre rotture di cazzo arrivatemi in PRIVATO - e già qui potremmo aprire il fortunato concorso "Ma che sbatta c'avete?" Poi però uno ha anche puntualizzato "Per non fare polemica pubblica", ahahahahahahahahahah - specifico che questo post come - quasi - tutti gli altri va letto "sempre con grande umiltà e con la massima, massima, ironia". Se non ce l'avete, fuori dai coglioni: questo non è un assessorato ai servizi sociali.

martedì 3 dicembre 2013

Elogio del fumo


Ero poco più che un bimbo. O forse lo ero ancora. Avevo dodici anni, in un parchetto, una sera di maggio. Ho iniziato perché mi sentivo grande, volevo diventare grande, potevo dimostrare agli altri di essere grande. La prima volta non è stata un granché, come tutte le prime volte. Il fumo impastava la lingua, mi faceva tossire se solo mi azzardavo ad aspirare troppo, mi bruciava gli occhi. Finita la sigaretta ero un misto di eccitazione e cattiva coscienza. Mi ero affrancato dall'infanzia ma entravo nell'adolescenza senza sapere dove mettere i piedi. La seconda arrivò dopo un po' di tempo, come dopo tutte le mie seconde volte. Non sono mai stato bravo a metabolizzare velocemente. Ogni tanto ci pensavo, sempre quel yin e yang di soddisfazione e repulsione. Poi arrivarono le superiori, la scuola non era più quella del paese, i compagni neanche. Arrivarono anche i primi pacchetti, prima da dieci, poi da venti. Prima il cespuglio, poi la cartella, poi il "Papà, se vai al bar comprami un pacchetto di Marlboro rosse". Col tempo e l'affinarsi del gusto sarebbero diventate Rothmans blu. E da allora ho smesso e ripreso un'infinità di volte. Poi mi sono accorto che fumo perché fondamentalmente mi piace. E finché mi piacerà e non avrò doveri nei confronti di altri, continuerò a farlo. Non c'è nessun bisogno che mi porti a fumare che non sia il piacere. Fumo perché ormai è proibito ovunque. Fumo perché mi piacciono gli sguardi di riprovazione di chi benpensa. Fumo perché non baratterò mai un piacere istantaneo per una promessa umana futura. Aristotele diceva che la filosofia non serve a nulla, ma proprio perchè priva del legame di servitù é il sapere più nobile. Il troppo cibo quantomeno nutre, l'alcol in qualche modo disseta e persino la droga assolve ad uno scopo. Il fumo no, non serve a nulla. Proprio come la filosofia. Che sia il vizio più nobile? E forse è proprio per questa sua presunta inutilità che è tanto temuto, ostracizzato, combattuto in una società in cui persino il tempo libero non ce lo si "gode" ma lo si "spende".

Le nuove leggi, che ormai stanno prendendo parte in ogni angolo del pianeta e che costringono a fumare in zone ben delimitate, sul modello delle riserve indiane, hanno elevato quello che già prima era un momento di condivisione ad un ulteriore e più alto stadio, in controtendenza rispetto allo scorrere del mondo che ci vuole sempre più individualisti e sempre meno solidali. Se fumi devi uscire dall'ufficio in un mondo in cui tutti hanno sempre troppo freddo o troppo caldo e spesso ci trovi altri reietti, se fumi c'è spesso uno sconosciuto che ti chiede, ti scrocca, una sigaretta o la fiamma del tuo accendino in un mondo in cui se guardi qualcuno che non conosci per più di tre secondi questo ti chiede cosa cazzo vuoi, se fumi alzi lo sguardo, mai visto nessuno fumare guardando per terra e rallenti, spesso ti fermi, in un mondo in cui devi sempre correre a mille all'ora, essere multitasking, affastellare attività una sopra l'altra, da quando esci da una cassa di legno a quando rientri in un'altra cassa di legno.

Ora, siccome non bastavano divieti in ogni dove - ma quanto è triste un bar senza banchi di nebbia?, avvertimenti sui pacchetti, oncologi con la predichetta, fatta di opportune omissioni su tutto il resto, incorporata, si sono inventati la sigaretta elettronica che toglie tutta la magia del fumo e sta alla sigaretta cartacea come l'asettica completezza dell'e-book sta alla consistenza, all'odore, ai difetti di stampa del libro cartaceo. Lo scopo quale sarebbe? Cancellare in una boccata, con la sua tragica perfezione, quello spettro di momenti di pace, di tranquillità, di conoscenza di amicizia e d'innamoramento? No pasarán!

P.S.
Una settimana in più. Di pioggia...

mercoledì 27 novembre 2013

L'immagine ha il solo scopo di rappresentare il prodotto










domenica 24 novembre 2013

La vendetta è un piatto che va servito freddo? Io lo servo bollente e anche surgelato



Sono un maniaco dell'ordine. Sul lavoro quadratizzo la mia mania. Odio i disordinati. Non capirò mai chi si vanta di esserlo e non fa niente per curare questo aspetto che è il più importante delle cose meno importanti.
Uno dei tre imbecilli con cui mi trovo a contatto ogni fottuta ora di lavoro è un disordinato patologico. Sono fatto male e non dico niente, metto a posto tutto quello che lascia in giro e taccio. Tanto starei "più male" a dirglielo per poi vedergliele rimettere a posto dopo ore e a cazzo di cane. Oggi mi chiede, con un tono che tirava fuori dalle mani non degli schiaffi ma dei kalashnikov (ha una voce talmente acuta che pare che gli abbiamo strappato i coglioni): "Dov'è la scheda di sicurezza dell'acido solfidrico?"

"Trovata in giro, tanto per cambiare, per il laboratorio e rimessa nell'archivio"
"In quale archivio?" - ce n'è uno. E a me fa già incazzare la domanda retorica "Ah, ti sei tagliato i capelli?"

Figuratevi le altre
Figuratevi le altre quando sono già stressato di mio
Figuratevi le altre quando sono già stressato di mio e incazzato smarzo

"Nell'unico archivio che abbiamo. E metti a posto le cose, che ogni volta che vedo quello che lasci in giro mi viene la depressione"
"Meno male, così almeno ti svegli fuori"

Ahahahah
Ahahahah
Ahahahah
AHAHAHAH
AHAHAHAH
AHAHAHAH
AHAHAHAHAHAHAHAH

Terribile è l'ira del mansueto, ragazzo mio. Te nei sei accorto? E poi ricorda che se tu hai una voce femminile, io di femminile ho la perfidia, per cui la sbocciata odierna è solo l'antipasto di quello che passerai nelle prossime tre settimane. Vedrai che l'acido solfidrico finisci col berlo di tua sponte pur di non abitare più questo pianeta.

venerdì 22 novembre 2013

Di quando e di quanto l'MP3 può essere porco e infame


Oggi mentre sono lì a comparare dati DI MERDA, stendere report DI MERDA, analizzare relazioni altrui DI MERDA, ciccia nelle orecchie 'sta robina qua. Manco mi ricordavo di avercela caricata, chissà quanti anni fa. Ma si può? MA SI PUO'?

martedì 19 novembre 2013

"Bisogna combattere senza odiare per dimostrare quanto vale il cuore". Va bene, man, tieni ragione: però a me stan sul cazzo tutti



- Non scrivo perché non c'è un cazzo da scrivere.

- Questo è un posto di merda che più di merda sulla Terra non penso esista niente.

- I passa(uncazzo)tempi sono la salaTV e una palestrazza.

- Sala TV: proprio come nelle pensioni merde della Riviera romagnola, quelle che non c'avevano manco la TV in camera. Quelle dove andavo coi miei nonni, per capirci. Quella dove mio nonno cristonava sempre con un altro vecchio perché lui voleva vedere il TG3 e l'altro il TG1.

- Io in palestra ci sono andato un mese in tutta la mia vita. Mi sedevo sulle panchine a bere il Gatorade e guardavo quelli della sala cardio dicendo "Dura la vita, eh!"

- Capite che di passatempi mi rimane solo l'eroina?

- Ci sono dei russi. Che uno si chiede: ma con tutto il fottuto gas che avete in patria, perché vi sfondate i coglioni in 'sto posto? Oltretutto bevono ma non ruttano, non cantano e non sono felici. Ridatemi i miei inglesi.

- "Spain is an awesome country, mate!" - "Why?" - "Well, it's full of english people. You can find all the beers you could want. I can watch Premier League, because it's plenty of sports bar. Air coinditioning is more fucking massive than Stockport. I like bolognaise spaghetti, carbonara sauce and Spanish cuisine. But there are also McDonald, Burger King and KFC! Everybody go there, so we decided to do the same. And then..." - occhiolino - "Cristiano Ronaldo oh la la la" e braccia al cielo che ondeggiano.

- E sono passati solo nove giorni. Ne mancano altri trenta. Ma io ve lo dico: tra due settimane mi arruolo nelle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa. E lo dico specialmente a te, agente segreto che mi leggi.

- Quasi tutti i miei colleghi italiani mi stanno sul cazzo. Quelli catalani manco a parlarne. E io se uno mi sta sul cazzo non riesco a mascherarlo troppo bene. Quindi c'è della tensione.

- La gente che puntualizza deve incularsi. Oggi in mensa, uno di quelli che mi sta meno sul cazzo dice: "Se vuoi capire cos'è il Vietnam, fai due figli in tre anni". Ora, a questa gag o ridi o non ridi. NON ROMPI IL CAZZO dicendo che tu ne hai fai tre in cinque, che l'hanno fatto in tanti, che c'è di peggio. E' una battuta, non un trattato di psicologia dell'età evolutiva, DIODUNDIO. Quindi inculati e poi muori. Gonfio.

L'unico motivo di gioia della settimana è stato che mio babbo ha incontrato il mio prof d'italiano delle superiori che gli ha detto di salutarmi. Pensate voi che vita di merda.

- Se è vero che io ho fatto delle scuole superiori che lasciamo perdere, lui era uno degli aspetti più da lasciar perdere. La sera prima della terza prova mi telefonò per tranquillizzarmi: "E poi comunque la seconda è andata bene, sei stato il secondo della classe" - "Ah sì? Convinto fosse venuta una schifezza e invece..." - "C'è X che ha preso 14 e poi tu, che hai preso 5" (in realtà avevo preso 10, ma non vorrei focalizzarmi sui dettagli). Beveva parecchio.

- Alle cene della classe si ricorda ancora con emozione quando andammo a visitare un caseificio di Grana Padano a Castenedolo, in cui alla fine della visita ci accompagnarono alla degustazione di Grana Padano e, per i professori, vini della Franciacorta. Lui, con la simpatica battuta "Mi dia un po' di Grana che non vorrei perdere la sete", mangiò una betoniera di formaggio annaffiata da un bidone di rosso. Il viaggio da Brescia durò tre ore, con frequenti fermate nelle piazzole di sosta, tra le bestemmie dell'autista.

- Le patenti a lui duravano 2-3 mesi. A parte l'amore per la bottiglia, c'era che non ha mai capito come si prendono le rotonde che, come qualcunA sa, in Brianza sono una religione. Lui le pigliava un po' a caso, come gli veniva, senza preoccuparsi di senso di marcia e precedenze. "Sono un uomo di lettere, non ho senso pratico". Poi decise di non pigliarle più e di comprarsi un'Ape. A cui tolse le portiere perché altrimenti non ci stava dentro. La usava anche per andare a caccia, sparando direttamente dall'abitacolo.

- Anni dopo lo incontrai durante una delle prime passeggiate con la Trudi. Ci correvano incontro sette-otto cani. Dieci metri di loro un'Ape. I cani iniziano ad abbaiare belli cattivi. Ad un certo punto l'Ape accelera e si schianta addosso ad uno dei cani "/&%$£%&/=^&/%$£, via, via". Era lui.

- Cani con cui viveva in casa. Conoscendo lui e conoscendo quanto possano essere merdi i cani (sette-otto poi...) le grandi pulizie stagionali probabilmente le faceva col napalm. No, in realtà non le faceva.

Saluti. E se vedete alla TV un campo profughi, pensate che c'è chi sta peggio (del campo profughi).

venerdì 8 novembre 2013

Matteo! Anzi no, Paolino!


Domenica di prima mattina, all'ora in cui voi ritornerete ubriachi smarzi nelle vostre abitazioni pronti per quel lungo sonno che verrà interrotto solo dal profumo di brasato di mammà, partirò per un luogo dimenticato da Dio (e fin qui, vabbé...) e dagli uomini. Già il nome è un programma: Damietta, una città che sicuramente non avrete mai sentito ma che fa all'incirca gli abitanti di Trieste. Sarò confinato là. Cioè, io in realtà la città manco la vedrò, sarò confinato nel compound protetto come in Italia forse solo Napolitano. Dicevo, sarò confinato là per 40 (biblici) giorni. Poi torno nel Sultanato e riparto per l'Italia. Voi non potete capire lammerda di fare gli auguri di Natale in questi giorni. Tutto questo lo faccio solo per voi, per garantirvi le scorte di gas per il prossimo inverno. Quanti sacrifici faccio per voi...

Comunque tra le poche note positive, anzi l'unica, annoveriamo la connessione internet e finché c'è quella va tutto bene. Infatti il mio pronostico personale è che non ci sarà. Vabbé. Ora vi racconto un fatto di cronaca familiare per farvi capire che io non sono un'extrasistole o una sinapsi impazzita nel mio parentame ma una disfunzionale consuetudine.

Di lui ne avevo già parlato qua (se non l'avete letto fatelo, perché tratteggia il personaggio, il rapporto che ho con lui e con mia zia, a cui sono molto legato - è una zia per modo di dire, ha qualche anno in più di me: da bimbo ero il suo pupazzo, da passeggero ho girato più volte in scooter in due con lei che con i miei amici, ecc. - e che sento all'incirca una volta ogni due settimane)

http://unidraulico.blogspot.it/2013/03/slow-cheetah-altrimenti.html

E' un terremoto. Un piacevolissimo terremoto, almeno per me che lo adoro. Sua mamma ha sempre avuto il sogno di avere una grande famiglia, l'ha realizzato ed evidentemente ha trasmesso questo suo amore per la famiglia ai figli. Lui è legatissimo ai genitori ma, ancor di più, ai suoi fratelli. Improvvisandomi psicologo del venerdì sera penso che sia dovuto al fatto che svolgendo suo babbo una professione che lo porta spesso in trasferta si sente, in quanto primogenito, l'uomo di casa, pur avendo fatto dieci anni a febbraio.
Quest'anno suo fratello va in prima elementare, o come si chiama ora, e lui in quinta. Questo ha rafforzato ancora di più il legame tra loro, per motivi facilmente intuibili. La prima ha il tempo pieno, la quinta il sabato e tre rientri pomeridiani. Giovedì di due settimane fa, il piccolo torna a casa con le sembianze di un indiano metropolitano. Aveva litigato con un compagno ("Ma a te non ti dico chi è") sul pulmino e questi, oltre ad averlo bussato, l'aveva anche pittato come un Apache. La vicenda sembra finita lì.

Eh, il cazzo.

A posteriori, Samuele sembrava un po' strano quel pomeriggio. Quella sera. La mattina successiva. Le prime due ore a scuola. L'ora successiva all'intervallo non è in classe. La maestra controlla nei corridoi e nei bagni. Niente, non c'è. Parte la caccia all'uomo e lo trovano nel retro della scuola a cavalcioni sul madonnaro disteso a terra mentre senza soluzione di continuità lo sfondava di pugni sulla testa.

La maestra "Non so da quanto tempo fosse lì, penso dall'inizio dell'intervallo. So solo che dava l'idea di potersi anche non fermare mai. Pur imponendomi sia fisicamente che con tutta l'autorità che potevo, ho fatto fatica a levarglielo dalle mani"

Il viso del bimbo è praticamente una maschera che va dal rosso al blu al verde al marrone. Mia zia viene subito chiamata insieme alla madre dell'altro cinno (o di quello che ne rimaneva), lacrime fittissime, senso di fallimento, richieste di scuse, proposte di risarcimento, il melodramma, la scuola che diventa il set di un programma di Barbara d'Urso. L'altra mamma è intelligente (io non sono genitore ma non so se sarei stato così pacato come mi ha raccontato mia zia), le maestre fanno mea culpa pure loro, la vittima e il sadico vengono chiamati a fare la pace. La buriana passa anche se nessuno si spiega perché Samuele l'abbia bussato e non c'è verso di tirarglielo fuori, neanche con le domande a trabocchetto. Probabilmente stavano giocando, chissà. Ma tutti vogliono dimenticare e non pare il caso di tirare in lungo e in largo la storia, sia da una parte che dall'altra. Ci sarà tempo per capirlo. Nessuno si sogna di chiederlo al fratello che, omertoso, tace. Nel frattempo Samuele viene condotto a casa dove, a parte la vita, gli viene levato tutto.

Il giorno dopo, a colazione, con quell'aria di vaghezza che solo i maschi seienni hanno e che poi si trasferisce alle donne adulte

Piccolo inciso: Dio, quando sarò al tuo cospetto, a me non fregherà un cazzo di sapere dove vado, donde vengo, perché son qui. Io voglio sapere solo come avviene questo trasferimento. Mi devi delle spiegazioni. E che siano convincenti.

Leo: "Shamu, devo dirti una cosa!"
Samu: "Dimmi"
Lunga pausa, sguardo nel vuoto, mani che cercano posate
Leo: "Shai che forshe non è stato Matteo a farmi tutte quelle coshe. Shìshì, non è stato Matteo, mi shono sbagliato"
A mia zia, che è lì in cucina a rassettare, in quel preciso crescono le palle solo per potersele vedere franare al suolo.
Zia: "Ma come, Leo, ma che minchiaddici, sei stato tu a dirgli di picchiarlo? Ma ti rendi conto di quello che è successo? E gli hai pure indicato il bambino sbagliato?"
Leo: "Shìshì, anche perché Matteo non prende neanche il pulmino"
Zia: "..."
Leo: "Ora ricordo..." - e qui me lo voglio immaginare col piccolo indice alzato - "...è stato Paolino!"
Zia guarda Samuele che ha gli occhi già infuocati: "No, eh, no. Samuele no!"

P.S.
La mia idea è che anche Paolino non c'entri un cazzo e che il grembiule e la faccia se le sia pittate da solo per fare il grosso coi compagni. Poi accortosi della malparata abbia provato un rimedio che a momenti faceva due morti. E tutto ciò sarebbe meraviglioso e darebbe nuova linfa al proverbio veneto Pezo el tacon del buso (peggio la toppa del buco).

domenica 27 ottobre 2013

Amore e trasferte




Ore 14.01

Apro la casella mail lavorativa, consapevole di quello che mi aspetta dopo cinque settimane di ferie (meritate, cazzo, meritate)
Do' una veloce scorsa
In mezzo a 28 mail canoniche, c'è lei, anzi lui, perché non è manco una mail, ma uno dei messaggi interni.

Data: 24-10-2013
Oggetto: comunicazione non prioritaria
Testo: La risorsa è pregata di presentarsi al direttore OHR (Office of Human Resources, mica pizza e fichi)

Questi messaggi sottendono SEMPRE ad un'inculata. E vorrei usare una metafora cara all'Ariosto: non un'inculata leggera ma una di quelle con colpo d'ariete. In questo caso però sono tranquillo (che ha fatto proprio quella brutta, bruttissima fine), me l'avevan già detto che dovevo andare a Khasab, ormai c'ho fatto il callo, d'altra parte lo sapevo prima di venire a lavorare qua che mi toccavano dalle due alle tre trasferte annue e poi con la Zorza ci sono stato viscino viscino quattro settimane, che problema c'è? Giusto, che problema c'è? Eh, che problema c'è? Sono lì che ciuccio il mio siwak, ci gioco, faccio anche degli sguardi alla Clint. CHE-PROBLEMA-C'E? Nessuno! E allora dopo aver completato con molta calma tutte le procedure di inizio turno, coll'aria di quello che ritorna al lavoro dopo cinque settimane e deve risolvere tutti i problemi dell'universo in dieci minuti, alle 16 salgo al piano di sopra. "Dura la vita di noi discendenti di Atlante"

Interminabile dissertazione oratoria su matrimonio, viaggio di nozze, ecc. con miei sorrisi di circostanza (Filippo parla di sé, se Filippo ha voglia. Niente domande, niente pressioni, niente intrusioni) poi l'esimio Human Resources Manager mi dice che sono tempi di ristrettezze anche per le multinazionali (lacrime fitte, stiamo qui ad occuparci di disoccupati, pensionati, disabili, ma chi ci pensa alle povere multinazionali?) e "quindi anche la gestione delle risorse va rivista in ottica di efficientamento, di ottimizzazione, di miglioramento nell'allocazione delle risorse". Inizio a sentire i Carmina Burana infilarsi tra una sinapsi e l'altra.

Prosegue


"Lei è una delle risorse che ha dimostrato" - segue una serie di parole da intorto che non funzionavano neanche quando ci provavo con le sedicenni allo Spazio, figuratevi dieci anni dopo e, per sovrammercato, in un contesto lavorativo. "Dottore, la ringrazio. Però sa, io non sono molto avvezzo a queste cose, non vorrei metterle fretta ma debbo andare in linea a fare le rilevazioni".
"Anche in questo appunto che mi fa si dimostra" - e giù altra sbrodolata - "Arrivo subito al punto" - era passata mezzora di chiacchiere inutili - "nella riqualificazione delle risorse, per quanto riguarda la sua area, la trasferta a Khasab è stata sostituita da una trasferta in Qatar o in Turchia, da effettuarsi l'anno prossimo verso marzo"

Niente panico

"Bene". Alla fine non mi cambia niente, sempre lontano da Ella sono. Anzi, c'è caso di vedere posti nuovi, quindi speriamo mi mandino sul Mar Nero che ho già ammirato per quanto riguarda la sponda Ovest ed è un luogo meraviglioso. Quelle a Sud pare siano ancora più affascinanti, per cui...

"Comunque non si parla di mesi, ma di settimane, niente di lungo"
(pensiero: "Com'è umano lei!") "Ok, d'altra parte anche le precedenti trasferte sono state nell'ordine di settimane. Noi l'abbiamo vissuta come un mese perché sono state immediatamente successive ma erano comunque due trasferte separate"
Lui fa una faccia di cazzo come se la mia frase gli avesse interrotto il ragionamento.
"O no?"
"Certo, nell'ordine di mesi, direi 45-50 giorni, invece sarà la prossima trasferta"

E da qui è la caduta, la frana, la valanga, la bomba atomica, il terremoto, lo tsunami, la fine del mondo: i Carmina Burana vanno a volume 99.

"Mesi?"
"Attraverso una serie di analisi dati abbiamo determinato che non è più conveniente spostare risorse dall'Italia e quindi dove le nostre operazioni possono svolgersi per lunghi periodi senza particolari intoppi vorremmo impiegare manodopera locale, spostando risorse ad elevata professionalizzazione nelle aree dove la specializzazione è necessaria"
Ringrazio di essere seduto su una sedia coi braccioli e di essere sufficientemente vicino alla scrivania per non svenire e cadere di lato oppure, peggio ancora, faccia avanti: "Tipo?"
"Non si preoccupi"
"Nono, qui non si preoccupa nessuno" (pensiero: "Eh, il cazzo")
"Le presenteremo una rosa di nazioni e lei potrà stilare una classifica in ordine di preferenza, poi ovviamente decideremo noi, ma tenendo conto anche delle sue indicazioni"
"I nomi quali sarebbero?" (il tono era di quelli che presupponeva il "Senti ciccio, mollala lì" all'inizio della frase)
"Algeria, Angola, Egitto, Libia, Nigeria, Tunisia"
Ormai dissocio, penso stiano parlando di un altro. No dai, non può essere...
"Una rosa all'insegna della sicurezza e della tranquillità, eheh" (pensiero: "I tre Paesi più tranquilli - ahahahahah, risata nervosissima - sono quelli immersi in una guerra civile, fate voi)
"Eheh"
Completamente posseduto metto l'indice sulla scrivania, quasi a scavarla, ritorno in me (più o meno)
"Ricapitoliamo, io, proprio io intendo, si sta parlando di me, dovrei andare in uno di questi sei Paesi per un mese e mezzo?"
"Sì. Ovviamente ogni zona poi ha un coefficiente di pericolosità che le verrà riconosciuto monetariamente"
(pensiero: "Com'è umano lei vol.II") "Non ho capito se sono obbligato o meno"
"Vivamente consigliato, diciamo così" (sorriso alla Silvio)
"Non le dico né sì, né no. Prima ne parlo con mia moglie"

WhatsApp
"Mi mandano in trasferta in Nigeria" - ho messo lo Stato più pericoloso per farla preoccupare
"Quanto ti danno di bonus?"
"Mi pare che il coefficiente sia 2,5" (che non vuol dire stipendio moltiplicato per due volte e mezzo, intendiamoci. Due volte è il coefficiente che messo in una formula che studiano solo ad Analisi II moltiplica la parte variabile dello stipendio. Anzi, nei prossimi giorni posterò l'IBAN, che qui dopo lo scherzo del 26 settembre di denari non ce ne stanno più. Se arrivano i ladri a casa nostra, lasciano un'offerta)
"Quando parti?" - obiettivo raggiunto

L'amore, signori, l'amore.

P.S.
Segue mio messaggio strappalacrime.
"Dai - vezzeggiativo da vergognarsi di appartenere al genere umano - scherzavo. Anzi, sdrammatizzavo, perché sarei molto preoccupata nel caso"
Segue mio messaggio di grande dirittura morale, coesione d'intenti, roccia e vincastro dell'unione amorosa. Lo mando con l'espressione soddisfatta che aveva Hank Wooden mentre dondolava sulla sedia in "Sentieri Selvaggi" (che sembra la parodia porno della famosa soap opera ma in realtà è un western)
"Sìsì, vabbé, ma fatti dare bene la formula dello stipendio da trasferta"
Ho fallito su tutta la linea. Per espiare la mia colpa dovrei andare in Somalia, altro che Nigeria.

P.P.S.
Un'ora e mezza fa comunque m'è arrivato un altro messaggio da parte sua.
(pensiero: "Si sta preoccupando, mi dirà di non andarci")
Leggo
"Braaaaaaadley" (per chi non lo sapesse è il centrocampista della Roma che oggi ha segnato il gol della vittoria giallorossa ad Udine)

venerdì 25 ottobre 2013

Morti di fame



C'è che siamo tornati, no? C'è che avevamo in casa il nulla "perché tanto venerdì mattina gli esercizi commerciali sono aperti". C'è che invece oggi erano inspiegabilmente chiusi. C'è che la colazione sono state una pera e una prugna secca a testa (no gag) e il pranzo quattro fette biscottate integrali e quattro alici all'olio di peperoncino per uno. Stasera digiuno. La Giorgia non è mica tanto dell'idea e allora passeggia davanti alle case dei vicini, aspettando che ci invitino a cena. Per adesso solo grandi saluti ma non demorde. Certo, ci sarebbero le crocchette della Trudi che, vorrei ricordarvi, sono commestibili anche dagli umani. Purtroppo il sapore non è una variabile indipendente. Dopodomani ricomincia il tran-tran, non c'è manco la Vale (torna martedì dalla capitale), tra due mesi avrò messo alle spalle il Natale e sarò già sulla via del ritorno per questo ridotto di sabbia, cammelli e umidità. Voglio morire.

P.S.
Stanno finendo anche le scorte d'acqua. Se domani non riaprono, sfondo le saracinesche e organizzo il primo esproprio proletario della storia del Paese.

venerdì 27 settembre 2013

"Bello, bellissimo, quasi un matrimonio del Sud. Quasi"




Aeroporto di Doha, jet-lag a pallettoni, Zorza dormiente, dishdasha come se piovesse, aereo verso Perth tra una manciata di ore ma due righe voglio scriverle ora, a caldissimo, per rileggermele tra settimane, mesi, anni e ricordarmi cos'è stato. Dimenticherò qualcosa, spero trascurabile.

- Io amo le forme, le prassi e i riti perché servono a sacralizzare un momento di passaggio, restituendo un minimo di senso del sacro (in senso antropologico, non religioso) ad un'epoca in cui è sempre e tutta una gara a chi sbraca di più. Un formulario di rigide regole è infatti necessario per la gente che non sa disciplinarsi da sé e quando sento qualcuno che "infrange il protocollo" (che si può infrangere ma bisogna avere la classe per farlo e io non ne ho ancora trovato uno in grado di farlo) mi vengono degli eritemi da stress anche nel bianco degli occhi. Cerimonia perfetta. Ci tenevo molto.

- Lei temeva che sua mamma piangesse perché pianse al battesimo, alla comunione, alla cresima, alla laurea. In realtà, qualche lacrima ma niente di più. Temeva che suo babbo piangesse perché inscalfibile come il diamante finché vuoi, ma alla fine è pur sempre la sua bimba: niente. Temevo che mia mamma piangesse perché si sposa il suo bambino e invece niente. Chi aveva il magone? Egli! "Consolatelo voi, altrimenti dovrò uccidermi".

- E comunque gli mancavano la tuba, il monocolo e il bastone con pomello in avorio. Non ci sono cazzi: è sempre il più figo di tutti.

- "Siete marito e moglie, potete baciarvi". No, senti, Signor, Dottore, Ingegnere, Avvocato, Curato, come, adesso, qui, davanti a tutti, in pubblico, centinaia di matrimoni fatti, mesi e mesi a pensare alla cerimonia, ore intere a controllare tutti i canoni dal Concilio di Nicea ad oggi. La certezza che nessun prete, se non quelli dei film americani, lo dicono. E mo? Vabbuò, è già il nono in sei anni, nell'ultimo poi abbiamo proprio esagerato: tre! E non è ancora finito! Comunque se proprio vuoi, Don Abbondio del cazzo, forte coi deboli e debole coi forti, eseguiamo l'operazione. "Potevate indugiare anche un attimo di più". La solita ingerenza della Chiesa negli affari interni di altri soggetti.

- La Zorza si stringe nelle spalle con la faccia timidosa (e quelli sono i momenti in cui altro che bacio. Ne avrei fatta una direttamente sull'altare) e dice a bassa voce al prete "E' che non siamo abituati". Fanciulla, noti quello che il prete ha in mano? Si chiama microfono e concorre ad amplificare il suono. Se tu parli a lui, con tutta la bassa voce che vuoi, il sussurro diventa un urlo! Tutta l'abbazia è inondata da questa geniale trovata mentre la vecchia zia venuta da Campobello di Licata si chiedeva se ne era valsa la pena di spararsi 2000 km per assistere ad un matrimonio di copertura.

- Infatti poi per rimediare fuori dalla Chiesa abbiamo attaccato un limone talmente duro che è dovuta intervenire una camionetta dei vigili del fuoco per staccarci. Poi, per togliere tutti i dubbi, ci siamo fatti una spaghettata sul sagrato. Rigorosamente Barilla.

- Le fotografie odio guardarle, figuriamoci farle. Va da sé che la Zorza adora qualsiasi cosa abbia a che fare con la macchina fotografica. Tra obiettivi, macchine, corsi, cavalletti, filtri dai 12-13 anni ad ora ci ha speso una finanziaria. Odio farle, odio farle in posa, odio farle in posa con la faccia da pirla. "Ma è tradizione". Finito l'odiosissimo (si è capito?) servizio, siamo sul nostro amato laghetto a guardare il panorama. Dico al fotografo, che faceva anche da autista (nautico), di aspettarci sul motoscafo. "E' la nostra festa, no?" - "Direi" - "Adesso dobbiamo andare a cena: tutti che verranno là, urla, frasi fatte, berci, discorso-discorso, sorrisi di circostanza, tutte 'ste robine qui, no?" - "Sì". Pesco in tasca. "Superskunk e drum, solo da fumare, due tiri a testa. Dieci minuti solo nostri e poi andiamo". Che sorriso, che bello vederla sorridere con quella leggerezza dopo l'agostoddimmerda, che pace nel cuore.

- Il buffet a isole (drink, carpacci con salumi, fritture, formaggi con marmellate, frutti di mare, vegan, cereali), pensato per non annoiare gli ospiti mentre ci attendevano, è stato molto gradito. Questo peraltro ci ha consentito di fare un menu al tavolo leggero (3 primi, 2 secondi di pesce con contorno, sgroppino e 2 secondi di carne con contorno) e di dare ancora libertà agli ospiti per la torta e i dolci.

- Tra una portata e l'altra vado fuori a fumarmi una paglia. "E mo so cazzi tua", mi giro, sua mamma. Sorrisi, risate, abbracci, volevo quasi confessarle la storia della saRta. Lo farò al primo battesimo.

- Il filmino che intervallava Emmina, Johnny Depp e una carrellata di mie fattanze (l'imbarazzo della scelta, alcune manco me le ricordavo) ha turbato le coscienze delle vecchie zie e fatto assumere la forma della mano alla mia faccina. Amici? Anfami!

- Balli, balli e ancora balli. Niente trenini e buonedomenicate varie. Io avrò ballato tre volte in tutta la mia vita ma ieri sembravo al sambodromo di Rio.

 - Suo babbo è una persona molto riservata, schiva, discreta, quasi sfuggente. Aspetti del carattere che, in misura minore, sono anche della Zorza. Ha avuto una vita difficile, specie negli anni della formazione. Ha dovuto farsi un gran culo fin da quando ha imparato a camminare e più metteva un piede innanzi all'altro, più le situazioni della vita lo costringevano ad indurirsi. E' una persona che non solo difficilmente lascia trasparire i suoi sentimenti ma tende a frapporre una barriera nei modi e nelle parole tra sé e il mondo esterno. Ama la figlia di un bene che non tutti i genitori sanno donare ma che solo un genitore può donare ed è l'unica cosa che conta. Mi vuole bene e io ne voglio a lui ma abbiamo sempre mantenuto una certa distanza. Non sono nessuno per giudicare e anzi rispetto e comprendo. Nei saluti di rito mi ha messo le manone sulle spalle, mi ha accennato un sorriso, ho visto lo stesso sguardo che sua figlia mi ha rivolto tante volte, ho fatto un cenno col capo. E' stato un bel momento.

- Alla fine del ricevimento, vanno via tutti gli over-35. E lì sì che c'è stato lo sbraco assoluto. La scaletta a memoria, dimenticherò sicuramente qualcosa: Metallica, Aerosmith, Led Zeppelin, Bruce Dickinson, Guns 'N' Roses, Scorpions, Europe, Rolling Stones, Def Leppard, Clash. E poi, ovviamente, la chiusura che le avevo promesso


E di questa c'è stato il bis, il tris, il quater fino alla decima replica. "Ehi digggei, rimetti"

- Alle 5.30 i finti gggiovini hanno iniziato ad abbandonare il campo ma a me dispiaceva finirla lì, era ancora presto. Allora col gruppo selezionato dei veri gggiovini superstiti (una roba da nulla, una trentina di persone) siamo andati a fare colazione nel mio bar. Prima - e ultima - volta che la Zorza ne varcava la soglia. Una Benita in forma strepitosa gliel'ha fatto LETTERALMENTE visitare. Come se fossimo agli Uffizi con lei a fare da guida. "Non ti pare che la Bene abbia esagerato? Era infoiatissima a farmi vedere tutte le robe! Ma è un bar, che voleva farmi vedere?" - "E' Benita!" - "E' Benita!"

- Mia moglie. Ahhhhhhh.

Ciao belle e belli, ci rivedremo tra un mesetto o forse anche di più perché probabilmente appena ritorno nel Sultanato mi spediscono a Khasab. Chi c'è su Twitter invece mi becca sempre, a meno che un serpente non decida che è arrivata la mia ora (l'Australia è il continente con la più alta presenza di striscianti con morso letale, quindi sono sulla buona strada).

P.S.
Grassie a tutti per gli auguri che mi avete fatto in ogni dove. Di cuore.

martedì 17 settembre 2013

Della regressione

Sarà che veramente ho tutti (ma tutti, tutti) i difetti di questo mondo ma non l'invidia provata o fatta provare, con gli annessi e i connessi, ma io vorrei sapere, diodiqueldio, a me cosa cazzo me ne frega che tu maschio, laureato, sessantenne, sposato con prole ormai adulta, tendenzialmente eterosessuale, sia dimagrito di dieci chili grazie alla Dukan. E fin qui uno potrebbe dire vabbé. No, amico mio, tu rincari pure la dose e vuoi comunicarmi a tutti i costi che oggi facevi il figo col tuo pariruolo sull'altra linea che mesi fa ti criticava sulla stessa dieta e che nonostante vada a correre tutte le mattine, in bici nei weekend e mangi barrette energetiche a pranzo si sta sformando ("E' un'otre, ormai!" - mancava solo il gridolino). E io debbo pure farti le faccine di assenso perché per altri due giorni dovrò interfacciarmi (come dici tu) per otto ore al giorno.

Qui stiamo rincoglionendo alla velocità della luce.

Io non so se è la sabbia, il mare o quei cazzo di smartphone ma mi pare di essere in un'azienda di quattordicenni. Uno di sessant'anni che dice allo uniform boy che a lui serve una taglia 48 della divisa perché le altre ormai gli vanno larghe e butta l'occhio sull'altro per vederne la reazione. E poi viene a raccontarmelo. Vado ai matti, vado ai matti. Ecco, io 'sto pomeriggio me lo sono passato così. Roba da rivalutare la vita in miniera. Potevamo vincere la guerra? No, dico, potevamo vincere la guerra? No.

lunedì 16 settembre 2013

Non l'orecchio, non l'auricolare ma il cervello

 

G: "Ti ricordi la prima canzone che abbiamo ascoltato insieme dal tuo MP3?" - l'IPod ce l'avrete voi
F: "Resolve dei Foo Fighters"
"Uh, bravo! E ti ricordi anche qualcos'altro?"
"Ehm, sì"
"Quella roba là?"
"Sì"
"Anch'io!"
"Ti eri accorta?"
"Eh, sì" - sguardo sconsolato
"Io pensavo di no"
"E invece sì"
"E allora perché non me l'hai detto?"
"Non ti conoscevo, temevo la tua reazione!" - sempre avuto il fisico e la musta da picchiatore, in effetti
"E non mi avevi trovato un cretino?"
"Un po'"
"Solo un po'?"
"Sì, perché ormai ti avevo scelto" - la pescatrice di uomini, 1974 anni dopo l'originale

Un mistero che entrambi ci siamo vicendevolmente tenuto nascosto per anni.

Successe che Filippo mise un auricolare nell'orecchio sinistro della Zorza, un auricolare nel proprio orecchio destro e il mini-jack nel proprio orecchio sinistro. Spingendo forte, perché non capiva se era sbagliato l'orecchio o l'auricolare. Un istante indimenticabile. Forse esclamò pure "Ouch!" prima di ricomporsi.

mercoledì 11 settembre 2013

Kikka, e Kikka sempre, e fortissimamente Kikka


Se il 28 febbraio è Natale, oggi è Capodanno. L'inizio di tutto. La Kikka fa 27 anni.
Era il 10 settembre 1997 e chiesi a mio babbo "Paaaaaaapà" - modello figlio di Cetto Laqualunque - "adesso che sto diventando grande" - (...) - "cosa potrei fare alla Kikka per farle un regalo indimenticabile?".
"Vai a casa sua alla mezzanotte, suoni e la abbracci forte"
"Cousa, che cousa?"
"Filippo, ascoltami, vedrai che se lo ricorderà per sempre"
"Ma no, ma figuriamoci, vado là, rompo i coglioni a tutta la casa, poi mi vergogno. No, no, no"
"Vabbé, non capisci un cazzo. Sei anche nel periodo fortunato in cui le donne quando sono felici non piangono"
"Eh?"
"Massì, poi uno non sa più che cazzo fare, consola su non sa bene cosa, inizia a guardare da un'altra parte, maledice quando ha avuto quell'idea" - che califfo!
"Uhm"
"Dai, vengo anch'io, t'aspetto al parchetto, saranno 100 metri dal condominio, non mi faccio vedere ma sai che ci sono se qualcosa va male. Ma poi cosa deve andare male?"

Colla vergogna nella testa e la morte nel cuore, eseguii. Per i successivi sedici anni. Aggiungendoci di tutto. Dai travestimenti ai fuochi d'artificio. Perché l'importante è essere il più imbecilli possibile. Ieri quindi glieli ho fatti su Skype. Lei è a Monaco per una trasferta di lavoro. Sua mamma m'ha fatto da gancio, con tanto di finti problemi di connessione a mezzanotte meno cinque. E a quel punto sono comparso io sull'indirizzo farlocco che le aveva dato sua mamma come altro contatto. "Io lo sapevo, lo sapevo. Che ti credevi? Che non lo sapevo che sarebbe successo?". Poi ha pianto e io non sapevo che cazzo fare - perché quello di cui sopra è sempre un gran califfo e non ne sbaglia una da decenni. E niente, è stato bello.

Lei non è che sia irreligiosa. E' antireligiosa. Ateismo di Stato per lei. A lei di otto per mille, religione a scuola, IMU sugli edifici di culto non frega niente. Lei è oltre. Nei giochini "Se fossi padrone dell'Italia" - tipo Berlusconi, per intenderci - "Io non so perché ci si fanno tante pippe su debito pubblico, spread, ecc...invadere il Vaticano e incamerare tutti i beni". E le chiese? "Case popolari". E i preti? "Passarli per le armi". "E il sottoscritto?" - "Tu verresti salvato col criterio che usò Hitler per tutelare il medico ebreo che gli curò la madre". Quando voglio farla incazzare le dico: "Sapere che io ogni sera prego per te" - "Senti, ascoltami, quando ti viene la demenziale idea di pregare per me, fatti una sega, che ci guadagniamo in due".

Quindi non potevo, non potevo no, no che non potevo organizzarle lo scherzone per il matrimonio. Mi metto d'accordo coll'officiante - amico da anni - di comunicarle, quando sarebbe venuta a consegnare i documenti, che purtroppo "Santa Madre Chiesa" - altra espressione che la fa molto incazzare - non può accettare testimoni di sesso diverso da quello dello/a sposo/a.

"Ma guardi, non so se Filippo le ha raccontato la nostra storia..."
"Sìsì, ma purtroppo..."
"No, guardi, si fidi, forse non mi sono spiegata: io DEVO fare da testimone, non è una possibilità"
"E ma purtroppo..."
"No, ma ripeto, senza minacciare, le dico che se io non faccio da testimone, vengo in Chiesa, ripeto tre volte "Dio è grande", poi tiro una cordicella e mi faccio esplodere"
Lì pure il prete s'è messo a ridere
"Non deve ridere, perché non dirò "Dio è grande", cioè "Dio" sì, ma non "è grande", ecco. E poi mi farò comunque esplodere. Voi siete tutti matti, ancora più di quanto pensassi"
Il prete ormai era al collasso
"E' stato quello là, vero, a organizzare tutto ciò?"

Ecco, sono riuscito a scrivere tutto senza neanche indugiare sul suo ruolo nel farmi uscire dai due metri di merda nei quali sguazzavo in Agosto. Auguri, fondamenta e fortificazione di ogni cosa grande e bella della mia vita.

giovedì 5 settembre 2013

Sostanze

 

Dieci anni fa, in un periodo in cui il buonsenso viaggiava a vele spiegate, feci il famigerato coma etilico, di cui devo avervi già accennato. C'è chi diventa grande "sedendosi attorno ad un tavolo per intraprendere un cammino di riforme condivise all'interno del quadro disegnato dalla UE perché la realtà è che ci vuole più, e non meno, Europa e chi dice il contrario è un irresponsabile" e chi ha bisogno di un fatto a suo modo tragico. Ne parlo sdrammatizzando ma, ovviamente, non è che ne vada particolarmente fiero. Diciamo che è successo, mi è servito e va bene così. Sta di fatto che quando si fanno queste puttanate, specialmente se non hai ancora compiuto 17 anni, gli strascichi fisici possono essere pesanti, anche nel tempo. Quindi per otto, e dicasi otto, anni dovetti frequentare periodicamente una gastroenterologa. Esami del sangue, risonanze magnetiche e quattro visite all'anno (marzo, giugno, settembre, dicembre) per i primi tre, due (giugno e dicembre) per gli altri tre ed infine una a giugno negli ultimi due.

La prima volta che fui visitato, mentre attendevo il mio turno in sala d'aspetto quelli che già la conoscevano ne parlavano con lo stesso tono con cui gli internati di Mauthausen parlavano di Ziereis. Tra senso di colpa, terrore della dottoressa e odio per i medici stavo tra due guanciali.

Seduta dietro la bianca scrivania una cinquantenne, capello corto, occhiali da miope. Zero retropensieri su MILF o robe del genere. Non mi sconfiferano ora, figuriamoci allora. Mi fa sedere, probabilmente per evitare che svenissi, con un cenno della mano. Non parlava, interrogava. Io però a queste arpie non so perché sono sempre risultato simpatico. Forse perché come diceva il caro Silvio (sì, proprio lui, il nostro Papi) quando parlava ai suoi venditori: "Dovete essere affabili e calorosi con tutti, ma soprattutto con quelli più stronzi, perché uno stronzo è sempre consapevole di esserlo. Se lo tratti bene, è tuo". Quindi, sempre dandoci del lei, ogni tanto c'era la frecciatina o la battuta al vetriolo. Diciamo che era come se tra noi due ci fosse la rete delle reverenza, con da una parte uno che palleggiava come una cinna di sei anni al primo allenamento di pallavolo e dall'altra una che rispondeva come Djokovic. Tutto questo per otto anni.

Ultima visita

"Va bene, la saluto. Ci siamo conosciuti otto anni fa. E non faccia battute su quanto ero più bella, che ci pensa già mio figlio, che è un lazzarone come lei"
"Non mi permetterei mai"
"E da oggi, fortunatamente, non la rivedrò più"
"Ma come fortunatamente? Io per lei ho buttato il sangue. Ma proprio letteralmente, me ne avran cavati 3 litri in 8 anni. E adesso lei mi dice "fortunatamente"?"
"Ma si scherzava"
"Ma io poi m'intristisco. Si ricordi che dietro questa barba c'è sempre un orsacchiottone"
"E qui allora evito io di fare battute"
Raduna le carte, le squadra battendole sul tavolo, sta per consegnarmele...
"Signor Poletti, non è di mia competenza, ma lei usa sostanze?"
"In che senso?"
"Hashish, marijuana et similia"
"Mah, qualche volta"
"Quantifichiamo"
"Ogni tanto, a casa di amici"
Riguarda gli esami, scorrendo col dito
"Signor Poletti, dalle carte risulta che lei ha uno spiccato senso dell'amicizia. Me ne compiaccio"

venerdì 30 agosto 2013

Vacanze estive


In questo weekend che in Italia sarà quello del grande rientro...

La mia prima vacanza in assoluto la feci a Montecarlo (gente di un certo livello), avevo quattro mesi.

La prima vacanza lunga a Loano, Liguria. In casa di una che al 99% era una ex "graziosa" per citare un noto cantautore ligure. Con un fratello gaio che le viveva insieme. Loro stavano al primo piano, noi in quello che al 99% era stato il pied-à-terre. Insomma, la prima vacanza, anni uno, mesi tre, in un film di Almodovar. Come poteva crescere centrato? C'è da fare una necessaria premessa: mio babbo è quarant'anni che si gira il mondo, con la pausa da quando sono nato a quando ho avuto sedici anni. Per lui un'infinita quaresima. "Una delle poche cose che ti rinfaccerò sempre" - "Cosa?" - "Non potevi nascere di sedici anni?". Andare in vacanza a fare la fettina in spiaggia per lui era una tragedia. Quindi cercava di spendere il meno possibile. Fosse per lui avremmo anche potuto dormire in macchina per risparmiare un altro po' di soldi "spesi inutilmente". Mia mamma è l'esatto contrario. Lei in vacanza vuole comodità, zero spostamenti, gambe sotto il tavolo. Infatti ora che mio babbo ha ripreso a girare il mondo (torna domani dalla Mongolia), lei talvolta gli va insieme e talvolta no. Ricordare quella vacanza è il metodo giusto per farli litigare a venticinque anni di distanza con la stessa cazzimma di allora.

2002: prima vacanza da solo a Jesolo. Tenda e povertà da Haiti post-terremoto. Gli ultimi giorni, a quattrini e viveri strafiniti (ricordo che un giorno andammo avanti a Morositas, perché erano gli unici alimenti rimastici), rubammo anche dallo spaccio del campeggio. Mio babbo, lungimirante, mi regalò i biglietti del treno A/R, altrimenti a quest'ora sarei dalle parti di San Martino Buon Albergo collo zaino in spalla.

2003: un anno tribolato ma un'estate magnifica. Mia mamma mi spedì in Colorado tre mesi ad imparare l'inglese. La famiglia mi voleva veramente e sinceramente bene. Con la figlia coetanea ci fu (ovviamente, mi verrebbe da dire) un bel flirt e tanti pianti al momento dell'addio. La ricordo con molto affetto. Il loro problema è che erano talmente pantofolai e sedentari che in tre mesi non mi hanno mai portato a fare un giretto. Zero, niente. Per tre settimane, insieme ad Ashley, curai anche i figli e i cani dei loro vicini che erano andati in vacanza. Ridendo come poche altre volte nella mia vita.

2004: Lloret de Mar. Ne ho già parlato qui sopra. La classica vacanza per trovare sé stessi. In fondo ad una bottiglia.

2005: prima vacanza con una morosa, a Rodi. Fu un'occasione: sua nonna doveva andarci. Ebbe un infarto (una roba leggera, la nonna tuttora vive e lotta insieme a noi) e quindi le sconsigliarono qualsiasi spostamento di lì a qualche mese. Io e la morosa ci avventammo. Tutto molto bello. Ma probabilmente sarebbe stato molto bello anche se fossimo andati a Lenno dal tanto che ero cotto.

2006: Ibiza. Mollato con la morosa qualche settimana prima. Andai in vacanza con la Kikka. Vi dico solo che arrivammo sull'isola l'8 luglio. Per portarci avanti, il 9 luglio eravamo già marci alle due del pomeriggio. La Kikka entrò in un baretto chiedendo cinque litri di sangria. Il barista strabuzzò gli occhi. "Siamo in due" (per dire...). Il barista continuò a strabuzzare gli occhi. "Ah, cosa c'è, non ha una caraffa abbastanza grande? La trovo io" e svuotò un vaso sul pavimento. "La metta qui". La sera del Mondiale manco ci trovammo. Neanche la mattina dopo. E neanche il pomeriggio. Solo la sera del 10 ci ritrovammo in albergo. "Ah, sei qua?". Reciproco. Nel prosieguo della vacanza trovammo anche l'unico negozio di Ibiza senza la maglietta celebrativa dell'anno. "Ho solo due vecchie magliette di Ibiza '04" - "Ci dia quelle, cavron". Si vedeva che la Kikka studiava Lingue e letterature straniere...

2007: Sharm. Prima vacanza con la Zorza. Mi ruppi praticamente qualsiasi osso dei due avambracci un mese prima di andarci e il gesso il giorno prima di partire. Per i medici serviva almeno un altro mese. Le braccia ci sono tuttora. Giovani e forti.

2008: Penisola del Sinis, Sardegna. Casa colonica a 10 km di qualunque cosa. Una ventina di persone, molta droga (portata dal continente per paura di non trovarne laggiù, ahahahahahah). Le vacanze si svolgevano in questo modo: sveglia-colazione-mare-mercato del pesce-pranzo-pennica-mare-doccia-cena-chitarra&falò. Mai divertito tanto, la mia vacanza più bella.

2009: Ecuador e Galapagos. Un missionario mio amico mi dice che la sua congregazione sta cercando un idraulico italiano (le professionalità laggiù sono da chiodi) per degli interventi. E' disponibile a pagargli aereo, vitto e alloggio nella comunità. Una settimana a lavorare mentre la Zorza dava una mano coi cinni della comunità. Poi andammo alle Galapagos. Se l'estate 2003 mi aveva insegnato ad amare gli americani, questa mi fece capire perché sono molto odiati. Praticamente ogni turista americano si sentiva il Re delle isole. Fino a quello che, dopo che il ranger gli disse 77 volte di non oltrepassare un dato limite (sensato, visto che le Tartarughe sono molto delicate), lo fece. Il ranger, alto non più di 165 e pesante non più di 60 chili, lo sollevò di peso per il colletto dicendogli che lui era capace di uccidere una persona anche a mani nude. 

2010: Da Bucarest a Venezia in furgone riattato (T4), passando per la Transilvania. Quattro coppie. Una lavatrice trasportabile che non dimenticherò mai. Le donne dormivano nel furgone, gli uomini all'addiaccio nell'umidissima notte rumena. Sinceramente non so quante donne mi avrebbero seguito in una vacanza che era l'emblema di qualsiasi fastidio esistente in natura. Fu lì che iniziai a capire che Ella era qualcosa di più. Dietro solo a quello della Sardegna.

2011: Saranda, Albania. Dovevamo andare a Cuba tre settimane. L'I. (nota compagnia aerea il cui nome si rifà a nota penisola europea) fece un disastro coi biglietti. Poi dovetti fare un'infinita trasferta in Val Seriana. Totale: mi rimaneva solo una settimana e qualche spicciolo. Un amico albanese mi consigliò Saranda. Praticamente il meraviglioso mare del Salento ad un terzo del prezzo. Un rispetto dell'ambiente che al confronto noi siamo scandinavi.

L'anno scorso c'erano in ballo le milioni di menate del trasferimento, ci rifaremo tra un mesetto. "L'unica cosa che dobbiamo tenere conto, perché me l'hanno consigliata, è quella di non raggiungere Alice Springs in auto perché non ne vale la pena" - "In che senso?" - "Mah, chilometri e chilometri di nulla, caldo, sabbia. Se succede qualcosa ci mettono ore ad arrivare i soccorsi" - Occhi che brillano che si specchiano in occhi che brillano - "Andiamo ad Alice Springs in auto"

domenica 25 agosto 2013

Vedi cara, l'emozione non ha voce


Non è ostilità, è insofferenza. Ossia, cito, l'incapacità di sopportare pazientemente ciò che urta la nostra sensibilità e che contrasta con la nostra volontà.

E allora

si decide, di comune accordo, di non parlarsi. Perché le parole, me ne accorgo, ce ne accorgiamo, non servono a niente. "Certe frasi sono un niente che non serve più sentire". Le parole mistificano, distolgono, talvolta vendono. Più si affastellano le una sulle altre, più il loro significato viene meno. "Le parole sono importanti"? Sì, quando esprimono un concetto e confezionano un significato.

E per esprimerlo debbono essere poche, altrimenti lo annacquano, lo diluiscono e infine lo corrompono.

E allora

ci si parla lo stretto indispensabile, per questioni meramente tecniche, e per qualsiasi tema che possa vellicare un'emozione ci si affida alla scrittura. "L'emozione non ha voce", perché quello che la voce inutilmente aggiunge, la scrittura saggiamente toglie. Si leviga, si smussa, talvolta si taglia. Si arriva dritti al punto, il punto dove le parole vengono srotolate da chi scrive per avvolgere chi legge e non rimangono sospese a mezzaria alla ricerca degli occhi, della voce, del linguaggio del corpo, linguaggi con una loro dignità, che il nostro rapporto ha spesso nobilitato, ma solo quando non si mescolano con la parola. L'amalgama parole-occhi-voce-corpo mette insieme troppe cose e diventa la forma senza la sostanza, il superfluo senza l'essenziale, quello che vorremmo sentirci dire senza quello che l'altro vorrebbe dirci. Perché è tutto interpretabile, tirando da una parte e dall'altra, a seconda di quello che ci conviene, anche inconsciamente. Sopratutto inconsciamente. Le parole scritte invece sono lì. Immobili, scolpite, ferme. Non scorrono, rimangono.

E' una fase che prima o poi doveva capitare. E' capitata a tutti, anche, forse in particolar modo, in questi giorni di attesa. Servirà solo a rafforzare il rapporto, ne sono certo. Io, noi, non voglio distruggere 2500 giorni di piccoli mattoncini quotidiani e questo lo sappiamo entrambi. E non per la paura di gettare al vento sei anni ma perché quello che è stato costruito è troppo grande, troppo bello, troppo forte. Ha fondamenta troppo solide. Non è un gigante dai piedi da argilla.

E allora

Vedi cara, è difficile a spiegare,
è difficile parlare dei fantasmi di una mente.
Vedi cara, tutto quel che posso dire
è che cambio un po' ogni giorno, è che sono differente.
Vedi cara, certe volte sono in cielo
come un aquilone al vento che poi a terra ricadrà.
Vedi cara, è difficile a spiegare,

E tu, noi, hai capito in tempo che "è difficile spiegare", prima di arrivare "dietro a ciò che non sarà...". Perché noi ci siamo sempre capiti più con gli sguardi che con le parole, più con le emozioni che con i chiarimenti, più con la dirittura morale che con la comunanza d'idee. Se vogliamo toglierci l'ansia dell'infinito, se vogliamo che sia qualcosa di veramente speciale, se vogliamo che non sia solo uno stanco rito della mia, nostra, amata e odiata borghesia dobbiamo essere noi i primi ad essere speciali o quantomeno a provarci e a quel punto tutto sarà, dovrà essere, solo nostro. Anche se gli altri non capiranno. Io ho sbagliato per un verso e tu per un altro ma quando è "troppo bello, troppo grande, troppo forte" non serve recriminare, né chiedersi scusa. Anzi, l'imperfezione aumenta il valore della creazione. Basta solo correggersi, lo stiamo facendo.

E allora

stamattina a colazione mi trovo un biglietto: "Ieri ho letto una frase che a me non diceva nulla ma ti ho pensato perché è una di quelle che a te piacciono molto, gira" - Giro - "Il mio onore si chiama fedeltà" Sbianco (e non è semplice)
"Giò, ma lo sai di chi era il motto?"
"Cosa, la frase che ti ho scritto?"
"Eh"
"Delle SS"
"Cazzo, neanche ad impegnarmi ne faccio una giusta"

Silenzio

E si ride, di gusto e insieme, per la prima volta dopo venti giorni. Si ride talmente tanto che poi ci si asciuga le lacrime. Passerà. Non sarà facile, non affrettiamo i tempi, non pensiamo che basti la lacrimevole risata di stamane, ma passerà. Non può non passare.

E quando passerà risolveremo, o vedremo sotto un'altra luce, anche tutti gli altri problemi, che non sono niente rispetto a quello che ci lega, anche adesso, in questo momento che sarà pietra angolare per il futuro. Il nostro futuro.

E tutto questo serve solo a mettere nero su bianco i miei pensieri, per me e per chi legge e si è preoccupato - vi ringrazio - e a nient'altro. Perché quello che ho scritto ce lo siamo già detti. Con gli sguardi, le attenzioni e il linguaggio del corpo. Senza dirci una parola. Perché le emozioni, le sensazioni, i sentimenti hanno dignità in quanto tali e non vanno difficilmente spiegati.

E tu "hai capito già".

Sono le 3.30 e va benissimo così.


martedì 20 agosto 2013

Aggiornamento - Un messaggio di speranza

Non sto scrivendo perché per essere un periodo più di merda dovrei morire. Passerà. Forse. Inizio a dubitarne. Fine aggiornamento.

giovedì 25 luglio 2013

Insegnamenti, tragici insegnamenti

La tesi accusatoria si basava sul fatto che fosse effemminato e che gli piacessero i bambini. Le inequivocabili prove che quando tornava dall'università passando davanti all'asilo aguzzasse la vista, che servisse messa con un solo chierichetto al di sotto della doppia cifra di primavere, che una volta venne visto nudo da un cinno. Che ci fosse anche la sua cuginetta dentro quell'asilo e che essendo miope dovesse corrucciare lo sguardo per vederla e che una volta vista e salutata tirava dritto per la sua strada non importava. Che servisse messa con un solo bimbotto perché alle sette e mezza del mattino della domenica è più facile tirar giù dal letto un bambino rispetto anche solo ad uno che va già alle medie nemmeno. Che fu visto nudo da un cinno perché nei bagni del campeggio estivo non c'era la chiave per evitare che, come successo più volte, gli anzidetti cinni si chiudessero dentro e poi si dovesse andare a chiamare i Vigili del Fuoco per aprire la porta neanche a parlarne.

Il sussurro divenne voce che a sua volta divenne accusa. Subdola, infida, viscida. Restò voce per un po' e l'aveva sempre detta qualcun altro. Di voce in voce ognuno ce ne aggiungeva un pezzetto. Finché arrivò nelle orecchie sbagliate. Le sue. E furono esami fin lì con ottimi tempi e ottime medie, come del resto tutto il suo percorso scolastico, in ritardo e poi fu ritiro. E furono incomprensioni e poi fu rottura con la morosa. E fu un aumento di peso come neanche se fosse stato messo all'ingrasso. E poi, qualche anno dopo, qualche anno di casa come prigione forse nemmeno troppo dorata, qualche anno di non-vita, in un giorno di quella stagione che invece di vita profuma, un giorno in cui i suoi coetanei si accingevano ad andare in vacanza, alla festa della birra, ad un concerto, fu un' auto, un tubo flessibile nell'abitacolo e un biglietto "Penso sia stato tutto molto ingiusto". Non un'accusa, non una denigrazione, non un biasimo per gli altri ma l'espressione di un suo personale sentimento, introdotto da un "Penso". Lui sì, un Uomo vero, anche se parlava come Candy Candy e muoveva la manina come una sciantosa.

Sono passati 15 anni da quel 25 luglio.

Ne avevo dodici e mille altri e diversi pensieri per la testa. Io con lui ci ho fatto tutte le cose che fa un bimbo che praticamente viveva più in oratorio e in chiesa che a casa, dove non facevo altro che mangiare e dormire. Mi sono trovato centinaia di volte da solo con lui e non ricordo nessun comportamento men che corretto. Anche sforzandomi per dare un senso, anche tragico, a quel che accadde. Mia mamma, ed è uno dei motivi per cui anche quando mi fa incazzare come nessuno mai, la stimo comunque parecchio, fu una delle poche donne del paese che, pur comprensibilmente (comprensibilmente perché mi ricordo il clima di allora, pareva di avere un mostro all'uscio, e comprensibilmente perché sono suo figlio, ma in realtà di veramente comprensibile non c'era niente) allarmata, cercò sempre di mantenere il contegno del buonsenso, sapendo che quello che non dovrebbe mai succedere, succede attraverso un percorso e non da un momento all'altro e per cui, dopo avermi catechizzato sulle antenne da mantenere dritte e sul riferirle qualsiasi atteggiamento ambiguo, mi lasciò fare la vita di sempre.

Al funerale, nel solito di trionfo di "quando nascono son tutti belli, quando si sposano tutti buoni e quando muoiono tutti bravi" unito alla coda di paglia di sapere benissimo di aver contribuito, ognuno col suo mattoncino, alla morte, ricordo velate accuse alla famiglia di non essergli stata vicino (e chi ha avuto a che fare con un depresso non ha bisogno che aggiunga altro), frasi senza senso ("Era fragile"), ipotesi del movente ("Andava male all'università" - "L'aveva lasciato la morosa" - "Era ingrassato" - !!!) che evitavano accuratamente di menzionare la causa scatenante di tutto ciò, che tutti sapevano, perché per anni non si era parlato d'altro. Ricordo che per la prima volta nella mia vita mi fece schifo la gente e non è un sentimento che ho provato spesso perché gente alla fine siamo tutti e mi è sempre sembrata una scorciatoia. Un'umana, naturale, fisiologica scorciatoia. Però imparai una cosa: prima di fare un'accusa, di qualsiasi tipo ma soprattutto se questa è (la più) grave e (la più) infamante bisogna accertarsi fino all'esaurimento nervoso di avere qualcosa in mano, perché un'esistenza ci vuole una vita a costruirla e una voce a distruggerla. Ed è uno dei parametri coi quali giudico e misuro le persone che incontro lungo il cammino. Per cui, ovunque tu sia, ti ringrazio.

venerdì 19 luglio 2013

Ridere per sempre

Tra un digiuno e un'astinenza (ieri sera è partita pure la Zorza, allegria), la vita scorre. Qui, in questo ridotto sassoso, sabbioso e desertico "dove la gente si spazza i piedi colle mani" (babbo di Abdi cit, personalmente non ancora verificata) ho conosciuto qualche altro esemplare dello zoo che compone l'umanità. Il mio superiore in grado è un ingegnere che ad ogni passo rilascia freddure che non fanno ridere. Ve ne elenco qualcuna perché è giusto che anche voi proviate la piacevole sensazione di appartenere alla stessa specie.
Ore 21.30, tutto gira come un orologio, mezzora alla fine del turno, si chiacchiera, buttando di tanto in tanto un'occhiata ai parametri.
"Nel tempo libero mi diletto a poetare"
"Bene"
"Ogni tanto vinco anche qualche concorso di poesia"
"Beh, allora è famoso"
Il battutista mediocre lo si distingue dal fenomeno proprio in queste cose. Il primo ha un copione, il secondo sa improvvisare. L'ingegnere appartiene a questa seconda categoria.
"In generale, dici?"
(pensiero: "Ma che minchia di domanda è?") "Sì"
"Lo sono soprattutto in questo momento?"
"Famoso?"
"Sì, nel senso che sono le 21.30 e ho fame"
Pensate che sia finita? 
"Ho provato anche a farmele musicare, ma non trovo nessuno di mio gradimento"
"Beh, ma canzone e poesia si assomigliano ma non sono proprio la stessa cosa"
"Secondo me potrebbero funzionare anche come canzoni"
"Ah, ok"
"E sapere che io suonavo al Conservatorio"
"Complimenti!"
"Ma non mi aprivano mai"
Questi sono i momenti in cui mi scopro fan di Massimo Ranieri e per la precisione "e avere voglia di morire, lasciami gridare, rinnegare il cielo, prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo, li farò cadere ad uno ad uno"

Quando poi gli ho detto da dove vengo (e mentre scrivo da dove vengo mi stupisco che non mi abbia ancora fatto la gag "dal cottolengo") e cioè "ah, sì conosco: vicino ad Erba" è stata la mia fine. Ora, tutte le battute su Erba erano già vecchie il giorno prima che l'uomo inventò la ruota e io abito a 10 km da Erba. Vuoi che non le abbia già sentite tutte, comprese quelle sui vicini di Erba?
"Sai dove sta Erba? - "In provincia di Como" - "No, nel prato". Le matte, mattissime risate proprio.
La prima volta che l'ho sentita il Muro di Berlino stava ancora bello gagliardo.

"In stazione - "Signora, questo treno va ad Erba?" - "No, è elettrico".

Me ne fotto di WWF, Greenpeace e compagnia io tifo guasto, fuoriuscita di gas, catastrofe ecologica per non dover sentire queste perle. Alle quali ogni tanto non riesco manco a fare la risata di circostanza e per cui lui mi chiede sconsolato "Questa non faceva ridere, vero?". Non l'ho ancora ammazzato solo perché come suoneria del cellulare ha "London Calling".

Con la Vale dopo due scazzi belli pesi (uno per motivi di lavoro, l'altro perché ascoltavo le cuffiette ad un volume troppo alto, vabbé) siamo ritornati in grande sintonia. Ora, io non è che sia un grande imitatore di personaggi famosi. Mi vengono bene Celentano (che, vabbé, viene bene a chiunque), Scalfaro (son sempre quelle due o tre frasette) ma Malgioglio lo faccio veramente bene. E a lei fa impazzire. E' chiaro che il grande CriCri rende al meglio quando puoi fare delle avances ad un altro uomo. In amministrazione ce n'è uno che sembra uscito da un'azienda che produce nerd, ma di quelli belli convinti, tipo Silvano di Camera Café. Ormai quando ci vede insieme cambia strada. "Giao, sono Grishdiano. Gabrielo, che bel pieto, che bella shcarpa, ti fa proprio la gamba shlanciada".

Giovedì scorso Ella mi chiama al lavoro: "C'è lì la Vale?" - "Yesss" - "Passamela" - "La Giorgia...uhm...ti vuole" - "Ciao Vale, Fily mi parla sempre di te..." - "...anche a me di te" - "Sìsì" - con l'indifferenza della donna che non deve chiedere mai - "so che sei sola qui e in 'sto periodo manco si può uscire. Vuoi venire a casa nostra a mangiare domani sera?" - così, senza avermi detto una sega, tanto per far vedere chi comanda. C'era il piccolo particolare che io al venerdì ho lo skypata coi miei, che mi parlano separatamente, perché altrimenti al secondo 7 è già guerra aperta (tra loro). Prima parla mio babbo, così gliel'ho fatto conoscere "Ma chi è, la nuova morosa, ma sei scemo?" - "No, una collega" - "Uhm, ma la Giorgia dov'è?" - "Paolo so' qua, che te credevi, che me tradiva?".
Finisce e arriva mia mamma. La Vale viene fatta sparire dallo schermo onde evitare milioni di parole di spiegazione. La vedo che ride (mammà). Sento un trambusto incredibile, antine che si aprono, carrelli che scorrono, stoviglie che sbatacchiano. E lei ride. Mia mamma che ride è un avvenimento tipo...ma no, neanche la cometa di Halley...ecco sì, la nascita della Terra. E continua a ridere.

Ad un certo punto un urlo squarcia il cielo: "Elena, dove cazzo è la MIA tavoletta di cioccolato?" - "E che ne so io?". Mio babbo, che ormai è più vicino ai 60 che ai 50 ma rimane sempre una cartola da paura, si sta preparando alla consueta settimana di rafting in Val di Sole e quindi è in dieta. Però al venerdì sera, cascasse il mondo, azzanna mezza tavoletta di cioccolato al latte.
"Elena, te lo ripeto ancora una volta: dove cazzo è la MIA tavoletta di cioccolato?"
"Che ne so io?"
"Certo, !"$%/%$£&/(%$|"!"£$%&/())=?^?=)(%£", ne mangio mezza tavoletta a settimana, siamo in casa in due, se non l'ho mangiata io, chi deve averla mangiata? Stocazzo?"
"Non io"
"L'avra mangiata stocazzo" - frase ripetuta all'incirca 777 volte a 777 decibel, con la Vale che da dietro lo schermo mi diceva: "Vorrei che questo momento non finisse mai".

La serata si conclude con Ella che le dice: "Sa fare bene anche l'arrotino"  e il qui presente costretto per ore a ripetere: "Donne, donne, è arrivato l'arrotino..." e tutto l'annuncio pubblicitario. Quando ormai avevo un edema alle corde vocali, la accompagnamo alla porta, la Zorza la chiude, mi guarda e mi dice: "Che figa, adesso capisco perché me ne parlavi così"