martedì 30 ottobre 2012

Kafkian


Ore 6.15 (sei e quindici) di stamattina, esco dal portone del condominio, mi accendo la mozzica (sto sublimando l'assenza della morosa, lasciatemi fare), prendo le chiavi dello scooter.

"Teeeeee"

Nell'ultima riunione di condominio si è stabilito che non si può fumare né sulle scale, né sui pianerottoli e neanche in cortile nel caso ci siano bambini giocanti. Vabbene, ragionevole. Vivrete una settimana di più e sarà tutta pioggia, ma ragionevole. Però c'è sempre qualcuno che più legalista della legge deve aver capito che in cortile non si può fumare. Punto. Fine. MAI. E' questo il pensiero che si fa strada nelle mie sinapsi, alle 6.15 (sei e quindici) di un martedì qualunque di metà autunno.

(pensiero: "Giuro che se mi pialla la fava per la mozzica, io salgo e la ammazzo. Me ne sbatto delle conseguenze, vado su e la faccio fuori")

"Teeeeeee"
"Ehhh?"
"Il tuo collega m'ha fatto un disastro..."
"Oh, buongiorno, signora"
"...m'ha distrutto il pozzetto"
"Signora, non so di cosa stia parlando...comunque io non faccio più l'idraulico, lavoro a Milano, infatti sto andando in stazione"
"Ma io, ma io..."
"La lascio perché altrimenti perdo il treno"

Cioè, ricapitoliamo, questa è sveglia alle 6.15 per rompere le gonadi a me, per un mestiere che non ho fatto, relativo ad una professione che non svolgo più da tre mesi. Non è una situazione degna solo di Kafka, ma forse anche di Kafkian.

Mezzora fa, mia mamma

"Guarda che la signora L m'ha telefonato chiedendomi se stasera vai là a fare un salto..."

Alle volte vorrei vivere in una città, ma non in una città come Milano o Roma, neanche come Londra. Troppo piccole. Vorrei vivere a Shangai, dove nessuno conosce nessuno e la gente può morire per strada senza che nessuno gli distrugga i pozzetti. Pensate che gioia, questo pomeriggio lavorativo, passato ad aspettare l'ora per ripigliare il treno ed entrare nei misteri più torbidi della mente umana.

mercoledì 24 ottobre 2012

La leggenda di Jack

Boh, non lo so, io lo scrivo, nel caso offendesse qualcuno me lo dica, che lo cancello. Però, credetemi, rido della situazione, non certo del protagonista.

E' arrivato nel mio ufficio uno stagista. Il piccolo problema è che l'essere in questione è un disabile mentale, nel senso che è lievemente ritardato. Le cinque donne dell'ufficio lavorano un giorno a testa insieme a lui (va seguito passo passo, perché è molto confusionario), facendogli fare lavori d'archivio. Dà del tu a tutti, parla in continuazione e a 77000 decibel, per cui è possibile rilevarne ogni parola, anche quando non parla con te.
Quella di seguito è solo una summa del Jack-pensiero

L'esordio è stato

"Questi DVD" (DVD aziendali di presentazione, di quelli che solitamente si usano per giocare a frisbee in ufficio, tanto è l'interesse che suscitano) "posso portarli a casa per masterizzarli?"

Lunedì mattina

Collega: "Giacomo, quando sei stanco dimmelo che facciamo subito una pausa! Dimmelo anche più volte in una mattina, senza problemi"
"Lascia stare baby, sono un uomo forte, iooo!"
Dopo mezzora non vi sto neanche a dire cos'ha chiesto di fare.

Lunedì pomeriggio arriva il suo tutor aziendale, che lui non aveva mai visto

"Piacere X"
"Piacere, Giacomo"
"Giacomo, come va?"
"Certo che a fare 'sto lavoro ti fai due palle proprio"
"E' dura lavorare, eheh"
"Tu poi hai anche quella cravatta lì, così stretta! Riesci a respirare?"

Ieri mattina, di punto in bianco considerazione psicopedagogica

"Certo che è meglio vivere in una famiglia che in una casa-famiglia" (tranquilli, non ha mai vissuto in una casa-famiglia, una collega è amica intima di sua mamma)
Collega: "Eheh"

Ieri pomeriggio, ore 17, dopo 8 ore fianco a fianco, sempre di punto in bianco, collega ormai riversa a terra

"Io quando leggo non capisco niente, ma proprio niente! Un cazzo, proprio!"
Collega ormai stremata: "Eheh" e poi "Ihih" e poi un fragoroso "Ahahahahahahahahahah"
"Sono simpatico, vero?"

Stamattina al caffé (lui prende té alla pesca, che esce dalla macchinetta a 154mila gradi Fahrenheit e che beve in un colpo solo. A me si carbonizza la lingua solo a vederlo, boh)

"Yahoo, è già mercoledì, ancora due giorni ed è finita questa settimana!"
"Già"
"Poi sabato mattina pulizie, sabato pomeriggio spesa, sabato sera pizza e poi..."
Suspence
"...si va su Internet!!! Tutta sera su Internet!!! Non vedo l'ora!!!"

Il top attuale però è questo, ma penso sia solo questione di giorni

Pausa pranzo odierna (piglia doppia porzione di tutto, fa dei mischioni assurdi ma poi mangia tutto) si rivolge direttamente a me per la prima volta

Premessa: al lavoro uso un PC fisso, un normalissimo desktop, anzi pure un po' vecchiotto.

"Sei molto fortunato ad avere un computer del genere!"
"Guarda, preferirei non usarlo ed essere a casa adesso!"
"Per usarlo da casa, giocando?"
"Nono, non gioco al computer. Comunque non è mio, è aziendale"
"Sei molto fortunato! Ti invidio!"
"E perché???"
"Costerà un 1500 euro, io non potrò mai permettermelo!"
"Ma neanche io! Ti ho detto che è aziendale!"
"Ma spiegami una cosa, io ti vedo che arrivi con la metro, come fai a metterlo nella valigetta? Col monitor, poi...?"

Ecco, voi adesso mi spiegate come avreste fatto a non ridere. Spiegatemelo, forza. Io invece ce l'ho fatta, dandomi un pugno negli zebedei. Voglio il Nobel per la Pace. E anche quello per la Medicina. Gradirei uno studio per i problemi d'infertilità legati ai traumi all'apparato riproduttore maschile, per la precisione.

lunedì 1 ottobre 2012

Tra Alvaro Pereira e il Cassù

Mi hanno comunicato la data ufficiale della partenza. Che non dirò. Né qui, né in PM, per motivi miei.

Il cultore degli Alvaro Pereira con le bocce è stato messo al suo posto. Nel senso che magari qui sopra faceva anche ridere, però vi assicuro che 8+1.30 ore al giorno per 5 giorni alla settimana di magli perforanti alla lunga stancano. Quindi gli ho consigliato di raccontarmi le sue avventure in dosi omeopatiche. Ha capito e infatti non mi parla più perché, esaurito l'argomento Goldrake, sono finiti anche i suoi argomenti di conversazione. Però sul lavoro è veramente inappuntabile. Diciamo che è l'Henry Chinaski del Terzo Millennio: solo che al posto di bere, si fa sbandierare come al Palio di Siena.

Quello che mi sta insegnando il lavoro ha anche una "specie" di segretaria. Una "specie" è data dal fatto che questa è completamente inetta a far qualsiasi cosa, vive nel suo pianeta e praticamente fa da intrattenitrice aziendale. Insomma, il classico scambio di favori delle grosse aziende ai sindacati per non farsi rompere troppo i coglioni in altri ambiti. La solita vergogna all'italiana. 

Quello che mi sta insegnando il lavoro è il classico old-style con zero pazienza, quindi potete immaginare quanto amore possa provare nei confronti dell'anzidetta. Venerdì mattina le spiega come preparare un'email per il pomeriggio alle 16, le dà tutti i dati, lui va a Piacenza. Nota di servizio: questa è l'unica mansione che M dovrà compiere durante la mattinata. Il signor C torna nel pomeriggio. Alle 15.55 è in ufficio. "M, pronta l'e-mail?" - "Sì, signor C". Lui si mette dietro al PC di M a leggerla, mascella serrata con la parte inferiore che sporge leggermente su quella superiore, bocca a culo di gallina, le mani sul tavolo a sostenere il quintale che il signor C reca in dote. "Uhm, va bene, tutto ok...c'è una roba da modificare qui, poi qui" - A questo punto, la tragedia - "uhm, poi qui, qui, qui, qui, qui, !" $(&)/)=(=)%=)&)&^)^$=)^£!!!" Silenzio "M, ma non hai capito un cazzo! Un cazzo, uno stracazzo di niente, un superstracazzo di niente! Non ho più parole per te, meno male che me ne sto andando in pensione, vai...vai...vai affanculo" Silenzio "Sparisci, mettiti in malattia per i prossimi tre mesi, che almeno non ti vedo più! Mai più!" Non sapevo di che morte morire: o di asfissia dal ridere o da compressione, gettandomi dentro la scrivania.

Stamattina sono andato al funerale del mio primo datore di lavoro. Aveva un'azienda familiare insieme alla sorella. Trenta dipendenti, fondata nella seconda metà degli anni Sessanta, in pieno boom economico, facevano tappi, maniglie, cappucci, protezioni, nastri, flange. Tutto in plastica, che iniziava proprio in quegli anni la sua clamorosa scalata al successo come materiale di straordinaria versatilità. 

Alpino, pugile in gioventù, capace, questo vuole la leggenda, di saltare sulla ribalta dei camion (1 metro) con due sacchi da 25 kg di boiacca nelle mani, era noto come "Ul cassù" ovverosia "Il mestolo" per la sua familiarità nel tirare chiavi inglesi del 30 nei confronti dei dipendenti che si fossero resi protagonisti di errori di lavorazione. Lei, che ci ha lasciato a gennaio dell'anno scorso, zitella, era tanto affettuosamente quanto carbonariamente chiamata dai suoi dipendenti schiavi come la "spaccacazzi dei sottotappi" per il suo realismo nel pigliare ordini. "120k sottotappi? Ne abbiamo a magazzino solo 50k!" - "Sìsì, non c'è problema, non ho fretta. Per quando riesce a completare l'ordine?" - "Domani va bene?". 

Col tempo si addolcirono entrambi (lei, ad esempio, negli ultimi anni aveva preso anche l'abitudine di salutare chi incontrava), ma negli anni Sessanta e Settanta il lavoro estivo degli adolescenti del paesello di mio babbo si divideva in due categorie: i promossi andavano a lavorare, i bocciati andavano a lavorare dal Cassù. I suoi metodi educativi si dimostravano più efficaci di quelli della Montessori nel raddrizzare giovinotti spiantati. C'era gente che dopo essere stata bocciata un anno in prima liceo, in quello successivo si laureava in Ingegneria Aerospaziale. Due anni di lavoro dal Cassù ed eri pronto ad entrare nella Legione Straniera. Come istruttore. C'era gente che tornava a casa e passava la serata a guardare il soffitto. "Cosa c'è?" chiedevano, piene di sensi di colpa, le loro madri "Sto pensando che domani lo debbo rivedere". 

Mio babbo, e il sottoscritto di conseguenza, invece era paraculato, perché nipote della moglie del Cassù, l'unica persona al mondo capace di tenerlo a freno, e quindi con lui il Cassù andava sì di chiave, ma mai superiore al 12. Perché era comunque uno che al vincolo familiare ci teneva. 
Comunque, a loro modo, due grandissimi, spero che la terra sia stata lieve per entrambi.