venerdì 21 febbraio 2014

Quadernetto




Con molta calma, dopo il doppio trasloco nell'ultimo anno e mezzo, sto aprendo i classici scatoloni che non contengono nulla di utile o di pratico ma molti ricordi. Star qui ad elencare tutto quello che ho trovato avrebbe poco senso ma siccome questo spazio nacque come un blog cazzaro, salvo poi divenire col tempo un contenitore a 360° della mia vita, ogni tanto è utile rinfrescare la tradizione.
Alle elementari le mie maestre in fregola da coscienza critica de sinistra c'impedivano di tenere i diari simbolo dell'orrendo consumismo capitalista che travia le giovini menti che avrebbero dovuto in alto portare le magnifiche sorti e progressive del sol dell'avvenire. Quadernetto e via andare: proprio uno di questi, un quadernetto della terza elementare, ho ritrovato tra i compiti, le note, le giustificazioni, gli esoneri e le comunicazioni scuola-famiglia...anche le comunicazioni famiglia-scuola. Anzi, mammà-scuola.

La top three

3) Qualora Filippo dovesse avere malori nelle prime due ore della mattinata non mi telefoni nemmeno. La grave malattia è riconducibile unicamente al fatto che dopo quindici giorni di vacanze si è ricordato stamattina alle 7.30 che aveva altre dieci pagine di matematica da fare.

Premessa come mi pare di ricordare: gita in un museo che non si sapeva se si doveva pagare a prezzo intero o meno (c'era una menata colla corriera, non ricordo bene). Le maestre ci dissero di portare i denari necessari: un pezzo da 10 e uno da 5.

2) La prego di scrivere qua sotto se la gita è stata pagata a prezzo pieno o "scontato". Perché nel secondo caso Filippo mi direbbe che è stata scelta la prima ipotesi e i cinquemila lire se li terrebbe lui.

1) Filippo mi ha riferito del sequestro del walkman da parte sua. Appoggio completamente il suo operato nonché il suo impegno  di restituirglielo solo alla fine dell'anno scolastico. Domattina, ne sono certa, le assicurerà di iniziare a comportarsi bene e a svolgere con puntualità e cura i compiti in cambio della riconsegna dell'aggeggio. Non creda ad una sola delle sue tipiche promesse da marinaio.


P.S.
Donna Elena comunque preferiva il verbo allo scritto. E dava il meglio nei primi anni dei cicli scolastici. Il primo giorno di asilo irruppe sul pulmino, torcia in alto e lama in mano, e così, senza ragione apparente se non una grande lungimiranza, intimò a tutti i cinnazzi già stressati dalla prima volta lontano da mammà di non chiamarmi mai Pippo. E in 27 anni, quasi 28, non ce n'è uno che si sia mai azzardato.

Il secondo, beh, fu quando sabato 24 aprile 1993 la maestra ci fece imparare "Bella ciao". Behhh, amici miei, era sabato, al pomeriggio andavo in oratorio, la domenica picnic al lago per la prima volta quell'anno. Ero felice, no? Venni a casa canticchiandola. "Chi te l'ha insegnata?" - "La maestra". Tra le 8 e le 8.15 di lunedì 26 aprile la Maestra Beatrice passò un bruttissimo quarto d'ora.

venerdì 14 febbraio 2014

Per sempre



Sono un chiacchierone ma se c'è una parola che faccio fatica ad utilizzare è "per sempre", anche con le persone che mi sono più care. Marco, sono passati gli anni, è cambiata la mia vita, passeranno gli anni, cambierà la mia vita ma ho una certezza: tu sarai PER SEMPRE con me. Non sai, o forse lo sai benissimo, quanto ti sento vicino. Quante volte le tue fragilità sono state le mie. Ogni volta che faccio fatica, in qualunque ambito, ti penso. E poi molto spesso piango, di nascosto. Sorridi, e il mondo sorriderà con te. Piangi, e piangerai da solo. L'ultima volta due settimane fa. "Filippo, stai piangendo?" - "No, è la sabbia tra l'occhio e la palpebra". Già, la sabbia.

Ti voglio bene, per sempre.


lunedì 10 febbraio 2014

Io non dimentico


Istria, Fiume e Dalmazia
Né Slovenia, né Croazia
Terra rossa, terra istriana
Terra mia, terra italiana!
Istria, Fiume e Dalmazia
Né Slovenia, né Croazia
Terra dalmata e giuliana
Terra mia, terra italiana!

giovedì 6 febbraio 2014

In finale un cojone



Dove eravamo rimasti?

Giovedì scorso sono tornato dalla Libia e già mi sembra passato una vita per tutto quello che è successo. Se fossi "in finale un cojone" direi che è perché quando rivedo Ella perdo la cognizione dello spazio e del tempo. In realtà è la mia filosofia di vita, #maiunagioia, che si propaga, si diffonde, si moltiplica.
Uno dei consigli che mi hanno sempre dato contro la depressione è che se ti senti solo, se pensi che a nessuno a questo mondo si preoccupi per te, se pensi che di tutto quello che fai o non fai non importi a nessuno prova per un mese a non pagare le rate dell'auto. Ecco, se invece amate poco la vita vi consiglio un bel viaggetto con la Libyan Airlines e vedrete che i brasiliani al Carnevale di Rio diventeranno pallidi burocrati al vosto cospetto.

Finalmente un po' di relax, l'idea di iniziare a mettere nero su bianco il viaggio di Marzo-Aprile (New York-Dallas on the road), che l'ammasso di pelo, pulci e zecche inizia a non mangiare, a bere come un'idrovora e ad avere, ma questo lo scoprirò in seguito, piccole emorragie. Qui i veterinari non esistono e già il fatto che io abbia una cagnona suscita lo scandalo di Oscar Wilde nell'Inghilterra vittoriana. Cerco qualcosa su internet, cosa che non faccio mai, ma avevo un'ansia che ci potevo appoggiare una bicicletta, e con la consueta prudenza che caratterizza il web la malattia meno terribile era il diabete insipido. Una bellezza. Quindi lunedì mattina andiamo (ad Ella è bastato vedere come mi aggiravo per casa per prendere spontaneamente un giorno di ferie) a Muscat dal veterinario. La visita e mi dice che quello di un mese fa non era ciclo ma semplice perdite e che il vero ciclo è quello di adesso. Tenerla controllata un'altra settimana e poi vedere come evolve. Io rimango perplesso ma quel briciolo di credibilità che ancora riservo ai medici decido di impegnarla tutta lì. D'altra parte, nonostante innumerevoli lezioni e decine di bloc-notes riempiti, faccio fatica a capire come funziona quello delle donne (alla fine ho capitolato "Senti, facciamo così, io mi limito allo start, poi ci pensi tu"), figuriamoci quello delle cagnone. Ritorniamo a Sur. Passa un altro giorno senza mangiare e, soprattutto, beve in una maniera sconsiderata. Ai livelli di mezzo litro orario. Gli ritelefono e mi dice di riportargliela su. C'è da dire che è la strada dell'orto: sono solo 150 km e io non posso per nessun motivo assentarmi dal lavoro. Ma non corro pericoli: anche ci fossero stati autovelox, sono stati bruciati. Parte con una considerazione da nulla: isteroctomia. Gli faccio sommessamente notare che, così, dopo una visita sommaria, non mi pare il caso. Tampone. Microscopio. Non c'è infiammazione all'utero. Per dire...
Esami del sangue. Ceretta. Alcol. La Trudi, che alla fine è la cagnona del suo proprietario, si mette giustamente a leccarlo. Ridiamo. Mi lascia dicendomi di provare a cambiarle mangime e di riattivare la fame, dandole qualcosa che le piace molto. Sono a Muscat e prima di ripartire mi fermo e svaligio il reparto carne di porco. C'è un reparto apposito e solo nei supermercati capitolini, distante da tutto e da tutti, in cui entro con la stessa circospezione con cui rubavo le monete dal salvadanaio di mia cugina quando andavo a casa di zia. Ritorniamo a Sur. La troia, perché una che si comporta così è solo una gran troia, manca poco che mi mangi anche il cartoccio da cui le scodellavo la carne. Ieri mattina arrivano gli esiti delle analisi e non ha infiammazioni in corso, i reni funzionano a meraviglia, si è dimenticato di chiedere la rilevazione dei valori del fegato (...) ma non dovrebbe essere neanche quello. Mangia anche se poco, beve molto meno e rompe i coglioni. C'è caso che questa abbia messo in piedi tutto 'sto cancan solo per cambiare mangime, come quando finge gli infortuni per non camminare più al guinzaglio, ma forse siamo sulla via della guarigione.

***

A lavoro mi hanno affidato un tecnico-junior da formare. Ognuno ha la sua tecnica, io gli dico "Seguimi in tutto quello che faccio, tienimi d'occhio e fai domande", poi dopo una settimana inizio a lasciargli un po' di autonomia e in un mese è abbastanza indipendente. Questo è, come dire, leggermente poco sveglio e ne sta combinando più di Carlo in Francia.

Già dopo due ore avevo capito che il ragazzo aveva talento. Aveva interpretato un po' troppo alla lettera il "Seguimi" e mancava poco che la facesse nel mio stesso vespasiano.
"Scusa, non..."
"Nono, non mi scappa"
"E allora che sei venuto a fare?"
"M'hai detto di seguirti..."
"Ah, allora occhei"

L'altro giorno gli dico: "Domattina vai a prendere i parametri, che io vado in sala-uniformi, ti preparo l'imbragatura e poi andiamo sulla linea" - spiegazione: la "sala dei parametri" è al lato opposto rispetto a quello della sala uniformi che sta a fianco della macchinetta dei badge.
"Ok"
"Tieni le chiavi. Ricordati che ufficialmente le chiavi le ho io e tu non puoi averle. Quindi senza andare in giro coll'incedere di Lupin, vedi di non farla proprio da allocco"
"Ok"
Secondo voi cos'è successo? Mattino dopo, preparo la mia imbragatura, preparo la sua e aspetto. Aspetto. Aspetto. Collegando poi una dinamo che trasferiva le madonne che mi uscivano dalla bocca ai piedi, nel tempo record di un minuto attraverso l'impianto e lo vedo là, bello come una famiglia che diventa marmellata in una galleria nei giorni dell'esodo agostano, davanti alla porta della sala che fa girare l'anello del portachiavi sul suo cazzo di dito indice, mentre l'universo mondo va a timbrare.
"Ah, eccoti, ti aspettavo"
Non ho avuto neanche la forza di rispondergli male: "Mattia, dimmi, da bravo, perché ti ho dato le chiavi se poi dovevamo entrarci insieme?"
"In effetti". Capite? In effetti...

Gli faccio preparare il verbale di fine turno sulla sicurezza dell'impianto. Sono tutti previdimati dalla direzione, giorno per giorno, all'inizio della settimana e poi affidati al tecnico del turno (il sottoscritto).
"Bene, allora chiudiamo questo...Mattia, il verbale?"
"Eh, non ce l'ho qui"
"Vabbé, vai a prenderlo dove l'hai lasciato. Dai, muoviti che manca dieci alle dieci"
"Eh, l'ho lasciato...a casa. L'ho portato a casa !"
Abbiamo finito il turno alle undici e ventotto e solo perché il viaggio di andata l'ha fatto con un calcio nel culo.

Però è anche un figo, nella pausa di metà turno odierna mi ha fissato con sguardo sognante e mi ha detto "Filippo, ma la bella lavanderina perché lavava i fazzoletti ai poveretti della città? Non era meglio dar loro da mangiare?". E io un po' gli voglio bene, anche perché dal suo superare o meno il test, dipende un bonus e il prosieguo del mio matrimonio.

***

A Sur di parchi decenti ce n'è uno, dove porto la Trudi. Per la gioia della Zorza e del suo "Dove c'è un neGro, c'è Filippo" in questi mesi ho fatto conoscenza con un senegalese, che parla italiano perché ha vissuto per anni in Italia. E' stato spontaneo, partendo da questa corrispondenza d'amorosi sensi relativi a pizza, mandolini e baffoni iniziare a parlare. Lui viene lì a rilassarsi sulle panchine, ce la contiamo su per 10-15 minuti e poi torniamo a casa. Una volta mi dice che non è sposato, una volta che si è sposato nel 2008 e ha un figlio, una volta mi dice che gli piace uscire, l'altra che preferisce stare a casa, una volta bianco e una volta nero, ma fondamentalmente sticazzi, no? Di lavoro fa il "vucumprà" all'ingrosso ma non ho ancora capito se i vestiti che vende sono falsi, fallati o rubati. Io lo sapevo che questo momento doveva arrivare. Settimana scorsa, dopo i miei ripetuti dinieghi "No, cazzo" - "T'ho detto di no" - "Aridaje, NO", mi ha messo in testa un cappellino. Glielo ridò, me lo rimette, glielo ridò, me lo rimette, glielo ridò, me lo rimette. Me lo rimette. Oggi, bellobello, mi dice che domenica (perché nel weekend non vado al parco) mi venderà un paio di jeans che costano "pocopoco". Per fortuna che questo scassacazzi non ha il mio numero di cellulare, non sa dove abito e finora l'ho incontrato solo lì. C'è anche da dire che non voglio "scappare" perché altrimenti il problema sarà solo rimandato e che, per altro verso, volevo comprare un capo d'abbigliamento per capire la natura dello stesso ma voglio essere io a decidere, non fargli capire che subisco le sue decisioni, altrimenti è finita e sarà uno stillicidio gonadico quotidiano. Ma santiddio, un attimo di tregua nella mia vita, no? No. Quasi finita una menata, ne inizia un'altra. #maiunagioia
Gliel'ho detto alla Zorza, che molto apprezza questa mia inclinazione per "negri, froci, giudei & co." e col garbo che vela agli altri e scopre a me mi ha detto: "Cazzi tuoi, ti sta bene, perché sei..." - "...in finale un cojone". E mi sa che c'ha ragione, c'ha.