Oggi è Natale. L'Essere Perfettissimo compie venticinque anni.
Breve excursus: metà 2004 nella nostra compagnia OnlyBragaPride fa ingresso una fanciulla, morosa di uno dei componenti. Quindici giorni dopo un altro decide di praticare quella oscura disciplina che prende il nome di fidanzamento. Sfortuna vuole con un'acerrima nemica della prima. Iniziano a sorgere mille veti per OGNI cosa. I due ommini, opportunamente aizzati, litigano tra di loro, si formano due fazioni e la compagnia va a catafascio. Inizia un periodo in cui pur di uscire accettavo aperitivi a Kandahar e sabati di shopping a Mbabane. Il periodo Fabbrutto, che alcuni già conoscono e che prima o poi spiegherò anche per gli altri. A fine ottobre trovo (sotto un cavolo) la morosa, la prima vera morosa della mia vita. Ci viviamo addosso (nel senso che gli altri erano presenze di contorno) fino a maggio 2006. Finisce la storia.
Io son senza compagnia stabile, tipo "amico di tutti, amico di nessuno". La sempre sia lodata Kikka mi dà una mano e piano piano me ne faccio una (di compagnia). Non è il rapporto viscerale che avevo con gli altri ma ci sto bene e sono tuttora, a 5000 e più km di distanza, la mia compagnia. OnlyBraga anche quella. Nel frattempo mi vedo (e ogni tanto mi sento pure) con una che ha una compagnia OnlyGonna. E' una potenziale fidanzata ma ha il difetto di essere una di quelle che concepisce il rapporto tipo una guerra fratricida. E siccome di gnappa isterica in un rapporto basto io (specialmente all'epoca), è un continuo prendersi e mollarsi, tipo montagne russe. Sta di fatto che i miei amici rompono la guallera perché, giustamente dal punto di vista del marketing, una compagnia OnlyBraga non ottempera a determinati criteri di Customer Satisfaction e quindi mi chiedono di proporle di unire le due compagnie. Fusione a freddo, tipo Partito Democratico. Adesso vi spiego come funzionavano le serate: andavamo in un pub, tavolo da 10-15, tutte le femminucce da una parte, tutti i maschietti dall'altra. Parole scambiate nell'ordine del minimo indispensabile per non farci chiedere dai camerieri se volevamo stare in due tavoli diversi. Tanto che una sera, pur di parlarci insieme, si scelse un argomento di quelli profondi e interessanti: lavoro dei genitori. E lì feci il mio ingresso nella Sua vita con indubitabile classe. "Mio babbo è manager alla C, mia madre fa la sarta", io mi giro verso quello che avevo vicino "La saRta, la saRta, la saRta sulla fava", riproposizione di una vignetta del Vernacoliere di Luglio 1996. Doveva essere una gag così, di quelle che mi escono quando mi va in folle il cervello, ma devo aver impostato male il tono della voce e la sentì tutto il tavolo. Diciamo che non la prese benissimo, come mi comunicò una sua amica. Continuammo comunque ad uscire nella stessa compagnia, dove non so se le virgolette siano più applicabili a stessa o a compagnia.
Qualche settimana dopo me la trovai di fronte insieme a suo babbo. Non potevo non salutarla, lei mi presentò a suo babbo e vidi uno strano flash sia nei suoi occhi che in quello del procreatore. Alche qualche sera dopo trovai motivo per attaccare bottone solo con lei e scoprimmo che "celeste è questa corrispondenza d'amorosi sensi". Lei però non ne voleva sapere mezza di uscire noi due soli, fornendo argomentazioni esaustive tipo "Perché è così. Punto. Non andare oltre, Filippo. Ogni cosa a suo tempo" a cui io rispondevo con voce alla Putignani "Ma peeerrrchééé? Ma soprattutto ma peeerrrccchééé?" A questo punto rapisco l'amico del cuore (un meraviglioso personaggio con un meraviglioso cane che poi meravigliosamente si affogò in un bidone d'acqua piovana) "Senti, ciccio, ma tu non frequenti la nona buca retro?" - "Sì, amore, perché, anche tu?" - "Eh, magari, cerbiattino, avrei risolto il 99% dei miei problemi, volevo dirti: perché la Giorgia non vuol uscire con me?" - "Perché vuole che sia una storia seria" - "Va bene, ho capito". In realtà non avevo capito una sega, ma il 30 marzo, venerdì sera, mi presentai a casa sua (colla tuba e il monocolo, temendo comunque di apparire troppo sciatto) e le dissi che ero passata a prenderla per portarla in piazza, che è il luogo dove ci si ritrova(va) per decidere, tra "una chitarra e uno spinello" ("passavo già di qui" che è come andare a Monaco di Baviera passando "già di qui" per Kigali), conobbi i suoi e, mentre si preparava, mangiai pure un dolce glutine e lattosio. Ora che ci penso probabilmente quel dolce che mi ha sicuramente levato almeno dieci minuti di vita fu il motivo che le fece capire che poteva fare di me quello che voleva. Il 31, sabato pomeriggio, usciti insieme da soli per la prima volta. Il primo aprile alle 14 primo bacio (che comunque non è rimasto l'unico: ce ne siamo dati altri quattro in pubblico in questi cinque anni e mezzo). Al 28 ci siamo messi insieme.
E' stato un amore che è praticamente l'opposto del colpo di fulmine. Esteticamente mi è piaciuta fin dal primo impatto (infatti l'amica-gancio è la sua fotocopia coi capelli naturalmente lisci), ma l'ho amata, a partire da quello sguardo, poco a poco, ogni giorno sempre di più. Non abbiamo due caratteri facili: io sono troppo innamorato di alcune mie libertà (ma è anche vero che ne concedo altrettante), che però lei accetta, lei ha toni da maestrina che t'insegna la vita (ma è anche vero che parla di ciò che sa e non parla di ciò che non sa), che però a me non urtano, e non voglio neanche star qui a far discorsi su mele combacianti che non farebbero comunque parte del mio bagaglio culturale. Semplicemente con lei sento la realizzazione di quel disegno che mi lega all'infinito, composto da tante di quelle piccole cose che mi mandano in brodo come, successo l'altra settimana, l'uscire a cena in venti, stare separati per una serata intera, alzare gli occhi, cercare LO sguardo, QUELLO sguardo, trovarlo e capirci tutto, senza dire una parola.
Litighiamo una volta l'anno. A maggio. E' un appuntamento fisso, come il Capodanno o il Palio di Siena. A maggio sappiamo che dobbiamo litigare. Il giorno in cui litigheremo ad aprile o a giugno capiremo di aver fallito come coppia. Quello che ha in mano viene scagliato. Per ora sono sempre riuscito ad evitarlo. Una volta ho anche salvato la portafinestra che dà sul terrazzo da una sicura rottura dovuta all'urto del telecomando di Sky. Poi solitamente io scendo in garage o in strada e tiro un pugno o un calcio a qualcosa. Finora il peggio è stata un'infrazione all'alluce (cassonetto della spazzatura), l'anno scorso me la son cavata con una mano tipo Madonna di Milazzo dovuta alla centra che tirai alla claire del garage. Il giorno dopo partimmo per Istanbul. Tra la barba da studente coranico e la mano fasciata accettarono comunque di farmi partire ma solo dopo avermi fatto indossare una camicia di forza.
Insomma, una volta l'amavo, adesso non tanto, però ormai è qui, tanto vale tenersela, la mia 1/100.