giovedì 25 luglio 2013

Insegnamenti, tragici insegnamenti

La tesi accusatoria si basava sul fatto che fosse effemminato e che gli piacessero i bambini. Le inequivocabili prove che quando tornava dall'università passando davanti all'asilo aguzzasse la vista, che servisse messa con un solo chierichetto al di sotto della doppia cifra di primavere, che una volta venne visto nudo da un cinno. Che ci fosse anche la sua cuginetta dentro quell'asilo e che essendo miope dovesse corrucciare lo sguardo per vederla e che una volta vista e salutata tirava dritto per la sua strada non importava. Che servisse messa con un solo bimbotto perché alle sette e mezza del mattino della domenica è più facile tirar giù dal letto un bambino rispetto anche solo ad uno che va già alle medie nemmeno. Che fu visto nudo da un cinno perché nei bagni del campeggio estivo non c'era la chiave per evitare che, come successo più volte, gli anzidetti cinni si chiudessero dentro e poi si dovesse andare a chiamare i Vigili del Fuoco per aprire la porta neanche a parlarne.

Il sussurro divenne voce che a sua volta divenne accusa. Subdola, infida, viscida. Restò voce per un po' e l'aveva sempre detta qualcun altro. Di voce in voce ognuno ce ne aggiungeva un pezzetto. Finché arrivò nelle orecchie sbagliate. Le sue. E furono esami fin lì con ottimi tempi e ottime medie, come del resto tutto il suo percorso scolastico, in ritardo e poi fu ritiro. E furono incomprensioni e poi fu rottura con la morosa. E fu un aumento di peso come neanche se fosse stato messo all'ingrasso. E poi, qualche anno dopo, qualche anno di casa come prigione forse nemmeno troppo dorata, qualche anno di non-vita, in un giorno di quella stagione che invece di vita profuma, un giorno in cui i suoi coetanei si accingevano ad andare in vacanza, alla festa della birra, ad un concerto, fu un' auto, un tubo flessibile nell'abitacolo e un biglietto "Penso sia stato tutto molto ingiusto". Non un'accusa, non una denigrazione, non un biasimo per gli altri ma l'espressione di un suo personale sentimento, introdotto da un "Penso". Lui sì, un Uomo vero, anche se parlava come Candy Candy e muoveva la manina come una sciantosa.

Sono passati 15 anni da quel 25 luglio.

Ne avevo dodici e mille altri e diversi pensieri per la testa. Io con lui ci ho fatto tutte le cose che fa un bimbo che praticamente viveva più in oratorio e in chiesa che a casa, dove non facevo altro che mangiare e dormire. Mi sono trovato centinaia di volte da solo con lui e non ricordo nessun comportamento men che corretto. Anche sforzandomi per dare un senso, anche tragico, a quel che accadde. Mia mamma, ed è uno dei motivi per cui anche quando mi fa incazzare come nessuno mai, la stimo comunque parecchio, fu una delle poche donne del paese che, pur comprensibilmente (comprensibilmente perché mi ricordo il clima di allora, pareva di avere un mostro all'uscio, e comprensibilmente perché sono suo figlio, ma in realtà di veramente comprensibile non c'era niente) allarmata, cercò sempre di mantenere il contegno del buonsenso, sapendo che quello che non dovrebbe mai succedere, succede attraverso un percorso e non da un momento all'altro e per cui, dopo avermi catechizzato sulle antenne da mantenere dritte e sul riferirle qualsiasi atteggiamento ambiguo, mi lasciò fare la vita di sempre.

Al funerale, nel solito di trionfo di "quando nascono son tutti belli, quando si sposano tutti buoni e quando muoiono tutti bravi" unito alla coda di paglia di sapere benissimo di aver contribuito, ognuno col suo mattoncino, alla morte, ricordo velate accuse alla famiglia di non essergli stata vicino (e chi ha avuto a che fare con un depresso non ha bisogno che aggiunga altro), frasi senza senso ("Era fragile"), ipotesi del movente ("Andava male all'università" - "L'aveva lasciato la morosa" - "Era ingrassato" - !!!) che evitavano accuratamente di menzionare la causa scatenante di tutto ciò, che tutti sapevano, perché per anni non si era parlato d'altro. Ricordo che per la prima volta nella mia vita mi fece schifo la gente e non è un sentimento che ho provato spesso perché gente alla fine siamo tutti e mi è sempre sembrata una scorciatoia. Un'umana, naturale, fisiologica scorciatoia. Però imparai una cosa: prima di fare un'accusa, di qualsiasi tipo ma soprattutto se questa è (la più) grave e (la più) infamante bisogna accertarsi fino all'esaurimento nervoso di avere qualcosa in mano, perché un'esistenza ci vuole una vita a costruirla e una voce a distruggerla. Ed è uno dei parametri coi quali giudico e misuro le persone che incontro lungo il cammino. Per cui, ovunque tu sia, ti ringrazio.

venerdì 19 luglio 2013

Ridere per sempre

Tra un digiuno e un'astinenza (ieri sera è partita pure la Zorza, allegria), la vita scorre. Qui, in questo ridotto sassoso, sabbioso e desertico "dove la gente si spazza i piedi colle mani" (babbo di Abdi cit, personalmente non ancora verificata) ho conosciuto qualche altro esemplare dello zoo che compone l'umanità. Il mio superiore in grado è un ingegnere che ad ogni passo rilascia freddure che non fanno ridere. Ve ne elenco qualcuna perché è giusto che anche voi proviate la piacevole sensazione di appartenere alla stessa specie.
Ore 21.30, tutto gira come un orologio, mezzora alla fine del turno, si chiacchiera, buttando di tanto in tanto un'occhiata ai parametri.
"Nel tempo libero mi diletto a poetare"
"Bene"
"Ogni tanto vinco anche qualche concorso di poesia"
"Beh, allora è famoso"
Il battutista mediocre lo si distingue dal fenomeno proprio in queste cose. Il primo ha un copione, il secondo sa improvvisare. L'ingegnere appartiene a questa seconda categoria.
"In generale, dici?"
(pensiero: "Ma che minchia di domanda è?") "Sì"
"Lo sono soprattutto in questo momento?"
"Famoso?"
"Sì, nel senso che sono le 21.30 e ho fame"
Pensate che sia finita? 
"Ho provato anche a farmele musicare, ma non trovo nessuno di mio gradimento"
"Beh, ma canzone e poesia si assomigliano ma non sono proprio la stessa cosa"
"Secondo me potrebbero funzionare anche come canzoni"
"Ah, ok"
"E sapere che io suonavo al Conservatorio"
"Complimenti!"
"Ma non mi aprivano mai"
Questi sono i momenti in cui mi scopro fan di Massimo Ranieri e per la precisione "e avere voglia di morire, lasciami gridare, rinnegare il cielo, prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo, li farò cadere ad uno ad uno"

Quando poi gli ho detto da dove vengo (e mentre scrivo da dove vengo mi stupisco che non mi abbia ancora fatto la gag "dal cottolengo") e cioè "ah, sì conosco: vicino ad Erba" è stata la mia fine. Ora, tutte le battute su Erba erano già vecchie il giorno prima che l'uomo inventò la ruota e io abito a 10 km da Erba. Vuoi che non le abbia già sentite tutte, comprese quelle sui vicini di Erba?
"Sai dove sta Erba? - "In provincia di Como" - "No, nel prato". Le matte, mattissime risate proprio.
La prima volta che l'ho sentita il Muro di Berlino stava ancora bello gagliardo.

"In stazione - "Signora, questo treno va ad Erba?" - "No, è elettrico".

Me ne fotto di WWF, Greenpeace e compagnia io tifo guasto, fuoriuscita di gas, catastrofe ecologica per non dover sentire queste perle. Alle quali ogni tanto non riesco manco a fare la risata di circostanza e per cui lui mi chiede sconsolato "Questa non faceva ridere, vero?". Non l'ho ancora ammazzato solo perché come suoneria del cellulare ha "London Calling".

Con la Vale dopo due scazzi belli pesi (uno per motivi di lavoro, l'altro perché ascoltavo le cuffiette ad un volume troppo alto, vabbé) siamo ritornati in grande sintonia. Ora, io non è che sia un grande imitatore di personaggi famosi. Mi vengono bene Celentano (che, vabbé, viene bene a chiunque), Scalfaro (son sempre quelle due o tre frasette) ma Malgioglio lo faccio veramente bene. E a lei fa impazzire. E' chiaro che il grande CriCri rende al meglio quando puoi fare delle avances ad un altro uomo. In amministrazione ce n'è uno che sembra uscito da un'azienda che produce nerd, ma di quelli belli convinti, tipo Silvano di Camera Café. Ormai quando ci vede insieme cambia strada. "Giao, sono Grishdiano. Gabrielo, che bel pieto, che bella shcarpa, ti fa proprio la gamba shlanciada".

Giovedì scorso Ella mi chiama al lavoro: "C'è lì la Vale?" - "Yesss" - "Passamela" - "La Giorgia...uhm...ti vuole" - "Ciao Vale, Fily mi parla sempre di te..." - "...anche a me di te" - "Sìsì" - con l'indifferenza della donna che non deve chiedere mai - "so che sei sola qui e in 'sto periodo manco si può uscire. Vuoi venire a casa nostra a mangiare domani sera?" - così, senza avermi detto una sega, tanto per far vedere chi comanda. C'era il piccolo particolare che io al venerdì ho lo skypata coi miei, che mi parlano separatamente, perché altrimenti al secondo 7 è già guerra aperta (tra loro). Prima parla mio babbo, così gliel'ho fatto conoscere "Ma chi è, la nuova morosa, ma sei scemo?" - "No, una collega" - "Uhm, ma la Giorgia dov'è?" - "Paolo so' qua, che te credevi, che me tradiva?".
Finisce e arriva mia mamma. La Vale viene fatta sparire dallo schermo onde evitare milioni di parole di spiegazione. La vedo che ride (mammà). Sento un trambusto incredibile, antine che si aprono, carrelli che scorrono, stoviglie che sbatacchiano. E lei ride. Mia mamma che ride è un avvenimento tipo...ma no, neanche la cometa di Halley...ecco sì, la nascita della Terra. E continua a ridere.

Ad un certo punto un urlo squarcia il cielo: "Elena, dove cazzo è la MIA tavoletta di cioccolato?" - "E che ne so io?". Mio babbo, che ormai è più vicino ai 60 che ai 50 ma rimane sempre una cartola da paura, si sta preparando alla consueta settimana di rafting in Val di Sole e quindi è in dieta. Però al venerdì sera, cascasse il mondo, azzanna mezza tavoletta di cioccolato al latte.
"Elena, te lo ripeto ancora una volta: dove cazzo è la MIA tavoletta di cioccolato?"
"Che ne so io?"
"Certo, !"$%/%$£&/(%$|"!"£$%&/())=?^?=)(%£", ne mangio mezza tavoletta a settimana, siamo in casa in due, se non l'ho mangiata io, chi deve averla mangiata? Stocazzo?"
"Non io"
"L'avra mangiata stocazzo" - frase ripetuta all'incirca 777 volte a 777 decibel, con la Vale che da dietro lo schermo mi diceva: "Vorrei che questo momento non finisse mai".

La serata si conclude con Ella che le dice: "Sa fare bene anche l'arrotino"  e il qui presente costretto per ore a ripetere: "Donne, donne, è arrivato l'arrotino..." e tutto l'annuncio pubblicitario. Quando ormai avevo un edema alle corde vocali, la accompagnamo alla porta, la Zorza la chiude, mi guarda e mi dice: "Che figa, adesso capisco perché me ne parlavi così"

venerdì 12 luglio 2013

Happy Ramadan! - Seconda parte



Siccome vedo che tra mail, skype e commenti c'è molta curiosità, provo a rispondere a qualche domanda.

Cosa significa "Ramadan"?

Ramadan vuol dire "digiuno" e segna l'inizio del nono mese del calendario. In realtà significa anche "mese torrido". E questo perché? Perché Maometto per un periodo seguì il calendario solare, da cui deriva anche il nostro, che si chiama calendario gregoriano, dal nome di Papa Gregorio qualcosa, che modificò, tramite i suoi astronomi, il vecchio calendario giuliano, che prendeva il nome da Giulio Cesare, abbassando il margine di asincronismo tra calendario ed evento astronomico ad un'inezia. Poi, con l'attendismo che caratterizza questa simpatica popolazione, da un anno all'altro decise che bisognava cambiare calendario, basandosi su quello lunare. Il calendario islamico odierno inizia quindi dal 622 (calendario gregoriano) quando Maometto scappò da La Mecca per rifugiarsi a Medina. Fuga nota hijra (Egira in italiano) ed infatti il calendario islamico si chiama Hijri. Ogni mese inizia quando la prima falce di luna fa capolino nel cielo. Ora siamo nel nono mese dell'anno 1434.

Perché proprio il nono mese?

Perché in questo mese l'Arcangelo Gabriele rivelò il Corano a Maometto, già allora prescrivendogli che quell'arco di tempo dovesse essere sacralizzato. Siccome allora la clinica del Professor Birkermaier era di là da venire e si mangiava per vivere, autoimpedirsi di farlo era veramente una grave rinuncia e consentiva di distaccarsi dai bisogni materali per purificare l'anima dalle scorie terrene accumulate durante l'anno, per provare a catturare l'essenza delle cose e tendere sempre più verso l'infinito, attraverso la pazienza e l'autocontrollo.

E se un musulmano non dovesse farlo?

L'Islam si basa su cinque pilastri: la testimonianza o dichiarazione di fede, le cinque preghiere obbligatorie giornaliere oppure preghiere altrettanto obbligatorie ma legate a specifici eventi, l'elemosina verso i bisognosi, il digiuno appunto e, last but not least, il pellegrinaggio, almeno una volta nella vita, a La Mecca, che meriterebbe trattazione a parte (e una visita, se solo non fosse più facile organizzare un attentato ad Obama che beccare un visto turistico per l'Arabia Saudita). Qualora un musulmano che non dovesse adempire a questi cinque pilastri non viene considerato un vero musulmano e il suo trattamento varia a seconda del Paese in cui abita (sulle coste del Maghreb tutto ciò viene preso con molta sportività - già nell'entroterra è un altro discorso, in Arabia Saudita un filino meno)

Cosa (non) si fa durante Ramadan?

Non si mangia, non si beve, non si fuma, non si chiava, non si litiga, non ci si arrabbia, non si ascolta musica, non ci si profuma, non si masticano cicles, non si assumono farmaci che non siano salvavita. Questo però è niente rispetto alla vera privazione: quella di non raccontare bugie, ossia lo sport nazionale dell'area. Quanto detto in precedenza vale durante il giorno. Quando il sole tramonta, si recita una breve preghiera, si mangia qualche dattero ma sempre in numero dispari (solitamente uno o tre) e/o si beve un bicchiere d'acqua. Da quel momento in poi è festa fino all'aurora. Banchetti e scambio di regali, intervallati da preghiere collettive.

Tutte le correnti rispettano tutte le prescrizioni?

Sì. La questione verte essenzialmente su due temi: il primo è quello delle punizioni, di cui parlavo prima. Fatto salvo che in pubblico non puoi fare niente (ossia bere, mangiare e fumare) che disturbi quelli che praticano Ramadan, e questo vale per tutti i Paesi arabi, da quelli più liberal a quelli più oscurantisti, ci sono Paesi in cui puoi tranquillamente mangiare, bere e fumare (in casa) senza disonorare te stesso e la tua famiglia ed altri dove se ti beccano a chiavare rischi la pena di morte. L'altro punto è quello dei profumi. Qui il profumo è una...religione e infatti è la prima cosa che ti colpisce quando arrivi. Maometto odiava il fetore e infatti non ha mai proibito il profumo, il cui divieto è stato introdotto da alcuni ulema (studiosi) in epoche successive. Oggi pare si voglia ritornare alle indicazioni maomettane e, proprio per questo, è generalmente tollerato.

C'è qualcuno che ne è dispensato? 

Vecchi, cinni, malati cronici, malati di mente, viaggiatori. Ovviamente tutti questi, nel caso volessero, possono praticarlo. Infatti soprattutto i vecchi, i malati cronici non gravi (cardiopatici, soprattutto) e i viaggiatori cercano di rispettare la prescrizione. Alle donne in gravidanza o in allattamento è fatto invece assoluto divieto di praticare il digiuno.

Ha consueguenze fisiche sulle persone?

Va considerato che questi per un mese digiunano di giorno e non dormono di notte, quindi sì. Questa ve la riferisco per come me l'hanno venduta: nell'ultima settimana di Ramadan gli incidenti stradali quintuplicano.

Non sono Harley, ma ci ho provato. Se avete altre domande, chiedete pure.

lunedì 8 luglio 2013

Happy Ramadan!


Giovedì sera, come solo i grandi fuoriclasse, dopo una settimana anonima, la stoccata del(la) campione(ssa).

"Fily avevo pensato che potremmo imbiancare casa". Tradotto in italiano "Fido, esigo che tu imbianchi casa"

Lasciando perdere il fatto che imbiancare è l'UNICO, non uno dei pochi: l'UNICO, lavoretto di fai da te che ODIO, e che comunque già di per sé sarebbe condizione ostativa, ci sarebbe un piccolo particolare: ci sono già metà mobili montati e appoggiati al muro e l'altra metà li monterò tra domani (venerdì) e dopo (sabato). Verrebbe da fare la banale considerazione: "Non potevi dirmelo settimana scorsa?" ma la risposta sarebbe "Non potevi arrivarci da solo?" quindi, siccome non ho mezza voglia di litigare, abbozzo un "Vedremo", sperando che la questione si consumi da sé. Sabato sera, casa finita. Ceniamo nel nuovo nido con un'emozione inconsueta, forse anche insensata, ma visibile e meravigliosa. Forse è perché ogni cosa che all'inizio sembra enorme poi col tempo diventa routine ma se ti fermi a pensare, e quello era uno di quei momenti, riscopri quanto sia enorme. Ed Ella mi dice due cose che, non so come dire, avrei iniziato quella sera stessa ad imbiancare non solo la casa ma anche l'aria, l'acqua e il fuoco. Con uno spazzolino da denti.

P.S.
Ovviamente se fosse una soap opera sarebbe finita qui. Invece tra ieri mattina e stamattina ho fatto quello che dovevo (alla fine sono 50 mq, una mano ieri e una oggi), due ore fa le mando un SMS: "Finito, quando rientri non toccare niente, lascia asciugare, che domattina rimetto i mobili al loro posto" - "Visto? Ci hai messo più tempo con le chiacchiere che coi lavori".

P.P.S.
Una delle prossime due notti dovrebbe iniziare Ramadan. Per capire quale bisogna vedere quando la luna butterà fuori la prima falce. Gli astronomi locali, soprattutto quelli sauditi, sono in sbattimento feroce. Non sto neanche a dirvi che, vista l'apprensione con cui è seguito il fenomeno (in questi giorni si parla solo di quello, manco si stesse discutendo della nuova morosa di Balotelli), se in questo Paese fossero consentite le scommesse, avrei già cremato lo stipendio. In ogni caso, pensatemi e vogliatemi un po' di bene. Ne avrò bisogno. E fate l'amore, voi che potete.
Una felicità così non la ricordo da quando, anziché colpire la boccia, il difensore centrò con la testa il mio nasino, creandome tre.

martedì 2 luglio 2013

Acqua salata non macina più


Questo post l'avrei già scritto ieri, solo che al momento di pubblicarlo, Blogger, che deve morire, ha deciso di farsi i cazzi suoi. Ora dovrei aver capito il problema e lo riscrivo. Adesso cerco di restare zen, molto zen, ma se Blogger del cazzo mi rifà lo scherzetto io mi trasformo in Zen, inteso come quartiere di Palermo. Ok, Bloggermerdodellamerda? Ok. Quindi mi metto in modalità Fabio Volo e mi accingo a riscrivere per un'altra volta la stessa cosa.

Il giorno successivo a quello a cui ho comunicato ad Abdi che mi sarei trasferito, il simpatico omino m'ha invitato a casa sua per una sorta di festa d'addio e per conoscere la sua famiglia. Non è che questo evento mondano fosse in cima alla mia lista dei desideri ma nel costume locale è preferibile assistere alla propria morte anziché vedersi rifiutare un invito, quindi accetto e anche Ella, che anche per questo è una gran Donna,  non fa un plissé quando glielo comunico. I giorni scorrono allegri e oserei dire ribaldi fino a mercoledì scorso, quando con candore tutto occidentale gli chiedo ragguagli per la serata successiva.

"Alle 21 a casa mia"
"Ehm, Abdi, qui finiamo alle 22"
"Non preoccuparti, TI HO già preso due ore di permesso"
Silenzio, palla di fieno, altalena senza cinno a bordo
"Are you joking? Are you kidding me? Are you SCHERZING?"

Il fanciullo aveva falsificato la mia firma sul modulo di richiesta dei permessi e mi stava facendo passare il tutto come un'enorme cortesia. Lo dovevate vedere: quel sorriso non lo vedevo da quando i miei cuginINI mi portavano a casa i disegni dall'asilo come se mi donassero monili di diamanti. Era proprio la gioia ingenua di avermi fatto un enorme regalo, di avermi tolto un'incombenza, mancava poco che si auto-appuntasse il Collare d'Oro del Sultano sul petto. The thin line between sbadilarlo di piatto sulla nuca e abbracciarlo fortissimo.

Alle 21 della sera successiva arriviamo a casa sua. Una piccola casetta, minimal, una roba da nulla. La dependance è grande come casa dei miei. Il giardino se la batte con l'Umbria come estensione. E' uno di quei posti in cui capisci la tua finitezza di essere mortale. In realtà veniamo rapidamente messi a nostro agio e iniziamo le parche libagioni. S'inizia con un' insalata mista. Io sono una delle due o tre persone al mondo che schifa l'insalata ma se vedersi rifiutare un invito è peggio che assistere alla propria morte, vedersi rifiutare un piatto è peggio che vedersi scavallare l'auto. Quindi le scelte si riducevano ad una: mangiare quella cazzo di insalata. Poi fortunatamente arrivano le/i muqabbilat, che sarebbero i nostri antipasti. Antipasto però non è come qui da noi "Al nonno solo una fettina di salame, che c'ha il colesterolo" (alto o basso chi se ne frega. Come può un HDL o un LDL arginare una massaia il giorno di Natale?). No, qui si mangia come se non ci fosse non solo un domani ma neanche una prospettiva di mezzora. Cosa ho mangiato non me lo ricordo neanche io, nel senso che ci saranno stati tre metri quadrati di piattini da cui chi voleva, pescava. Io però non volevo, dovevo! e quindi, in quanto ospite, venivo incoraggiato a mangiare con metodi come quelli che usano per le oche del fois gras. Ingredienti: pomodoro, cipolle, erbe varie, olive, sottaceti, noci, aglio, prezzemolo, peperoncino, fave, yogurt, cetrioli, menta, olio, peperoni, noci, bulgur, riso, carote, spezie varie, ceci, melanzane, aceto, polpo, cozze. Dopo questo leggero antipasto, si passa alla ciccia vera. C'era una griglia che ci voleva la concessione edilizia per usarla e lo scooter per girarla tutta. Visto che il porco è haraam (proibito), c'era un piccolo gregge di pecore e agnelli su quel minuscolo barbecue casalingo. Mentre ero sempre invitato a mangiare (sai mai che me ne dimenticassi), ad un certo punto, l'anfitrione, ossia il babbo di Abdi, fa entrare "Florentine-Style Steak - The Authentic Italian Beef". Proprio come se fosse un ospite d'onore. Il dramma: non avevo capito che era tutta per me. Alla fine con abile lavoro diplomatico faccio capire che io, col mio fisico da internato, ho una certa capienza gastrica oltre la quale poi esplodo come un kamikaze involontario. E voi non volete il terrorismo integralista nel Sultanato, vero? Ne abbiamo parlato poco fa di quanto di quanto sia liberal il kharigismo. Ed è trionfo. Il chilazzo di fiorenza viene diviso in cinque parti. La parte degli stuzzichi e dolci (datteri, marmellata di fichi, halva and so on) invece mi ha visto sfoderare la tecnica anti-rompicazzi cittadini ("già preso" - "prendo dopo"), altrimenti a quest'ora vi scrivevo dall'obitorio.

Per quanto riguarda i commensali, c'è poco da fare: uno degli aspetti su cui si valuta e si misura un uomo nella società araba è quello che pensano i suoi ospiti di lui. Per quel che ci riguarda, ci hanno fatti sentire da subito a nostro agio, ci siamo divertiti entrambi e, parlando tutti tra il bene e il benissimo l'inglese (la capra di famiglia è Abdi), abbiamo potuto conversare tranquillamente. Senonché, ad un certo punto si consuma il dramma: "Filippo, come mai lei ha la fede e tu no?"

Primo: in teoria persone senza vincoli di parentela non possono vivere nella stessa casa (in teoria e basta però, almeno nella capitale). Secondo: durante i primi giorni di conoscenza, Abdi continuava a spaccarmi le gonadi chiedendomi se ero sposato per portarmi a donnine. Oh, ma sempre, ogni giorno. Io gli avevo detto che "non sono sposato ma è come se lo fossi" ma lui non se ne dava per inteso (nel senso che proprio non capiva la sottigliezza), quindi una volta, tenendo insieme primo e secondo punto, gli dissi "sì, non te l'avevo mai detto prima perché sono timido". Quel giorno finirono le sue proposte. Un riposo lungo mesi e un risveglio brusco. La fede in realtà è l'anello di fidanzamento che io, vecchio arnese della reazione, residuato dell'Ottocento, eccetera, le ho regalato quando le ho chiesto di sposarmi. Su quella domanda è iniziato il cabaret, il teatro, la commedia degli equivoci. Ad un certo punto Ella, che sedeva al tavolo delle donne, mi uozzappa: "Daje Fili', 'n artro po' de balle, nun mollà, che tra 'n po' ce sta pure 'r mutawa", ossia il poliziotto religioso, che qui in realtà non esiste, ma nel mondo islamico è molto diffuso.

Dopo un venerdì passato tra tornei, preparazione pacchi, pacchetti e pacchini e ultima uscita nella Las Vegas del Golfo, al sabato mattina ci svegliamo alle 5 per evitare di aggiungere al dramma del trasloco anche quello del caldo (non so se ve ne ho mai parlato delle temperature miti di questo periodo). Faccio colazione (tè verde, cinque mandorle, tre pugne secche per chi fosse interessato), apro la porta dell'appartamento per andare in garage. Davanti a me un pakistano che mi chiedo se io sono io. Mi guardo bene: sono io. "Siete venuti a prendermi?" mentre cerco con lo sguardo il Giuda traditore. In realtà il babbo di Abdi, con cui avevo parlato di questo trasloco due sere prima, mi aveva mandato una ditta per darmi una mano. Mi veniva da piangere. Carichiamo sul camion un po' di roba, compresi mobili da montare (la fottuta Ikea è arrivata anche qua) e partiamo tutti e quattro (Trudi compresa, perché se la lascio dodici ore da sola mi tira giù il compound a forza di guaiti, pianti e lamenti) alla volta di Sur. Dio, Allah, o chi per essi benedica l'italiano che abbiamo incontrato nel giretto della città post-firma del contratto, quando l'altra settimana siamo scesi a scegliere casa, che ci aveva detto: "Io vi suggerisco di mettere dentro qualcosa il più presto possibile perché, contratto o meno, questi se trovano altro nel frattempo, la affittano a lui". E infatti il padrone di casa era davanti alla porta ad aspettare altra gente e non ha fatto una piega alle nostre """critiche""" stupite.

La Zorza pulisce casa, io e il paki scarichiamo e montiamo, la Trudi inizia a rompere i coglioni a tutti gli esseri viventi del vicinato. Sfiniti, alle 16 ci rimettiamo sul camion. Col paki avevo esaurito gli argomenti di conversazione all'andata, precisamente quando m'ha detto che "Il cricket è uno sport accattivante (charming)", quindi parlavo con la Zorza.

[...]
Lei: "Comunque è inutile star qui a rimuginare. Acqua salata non macina più"
Io: "Vero, vero. Passata comunque, non salata"
"No, eh. Salata"
"Passata"
"Guarda che...si dice così perché il sale c'è quello grosso e quello fino. E da quello macinato fino non si può tornare indietro. Non lo si può far ritornare sale grosso"
"No, si dice acqua passata perché una volta che l'acqua entra nella ruota del mulino, poi esce di nuovo e non serve più a macinare"
"Guarda che...io so come funzionano le saline, i miei nonni materni sono di Paceco"
"Col massimo rispetto per le autorità civili, religiose e militari, ma chi se ne incula?"
"Guarda che...a Paceco ci sono le saline più grandi d'Italia, probabilmente dell'Europa, forse del mondo"
"Mille...numeri che fanno girare la testa", imitando l'Ingegner Cane
"Mavvaffanculo"
"Pacheco comunque giocava nell'Inter, cioè giocava...lui di mestiere faceva l'amico di Recoba..."
"Piantala di dire cazzate e ascoltami"
"...altri tempi, tempi eroici, quando Moratti li buttava veramente dalla finestra"
"Ma mi ascolti o no?"
"Meglio di no, altrimenti ti metto la testa sul finestrino e faccio su e giù con l'alzacristalli fino a che non te la stacco"
"Guarda che..."
"Avanti, avanti con questi guarda che...l'unico guarda che...sarebbe guarda che...da un certo punto di vista è meglio che queste perle le tiri fuori con me, perché se le vai a dire in giro ti fanno un TSO alle scuole differenziali, altro che laurea"
"Guarda che...a Paceco c'è anche una riserva naturale del sale"
"Abbeh, se c'è la riserva naturale allora dormiamo proprio tra due guanciali. Siamo partiti da un mulino merdo e siamo arrivati alla riserva naturale dell'amico di Recoba. Sto andando ai matti, te lo dico, sto andando ai matti"
"Ah, tu ti stai incazzando? Guarda, Filippo, non urlo perché c'è qui lui, quando andiamo a casa, poi vediamo".

Porta di casa, notebook (c'era il mio già acceso ma ha preferito accendere il suo: sai mai che complottasse anche il computer) e, incredibilmente..."Acqua passata non macina più"

"Io quando andavo alle superiori al pomeriggio studiavo, non andavo in giro per i bar e i circoli a imparare proverbi". Ho chiesto scusa e mi sono molto rammaricato per le inadempienze della mia giovinezza.