giovedì 25 luglio 2013

Insegnamenti, tragici insegnamenti

La tesi accusatoria si basava sul fatto che fosse effemminato e che gli piacessero i bambini. Le inequivocabili prove che quando tornava dall'università passando davanti all'asilo aguzzasse la vista, che servisse messa con un solo chierichetto al di sotto della doppia cifra di primavere, che una volta venne visto nudo da un cinno. Che ci fosse anche la sua cuginetta dentro quell'asilo e che essendo miope dovesse corrucciare lo sguardo per vederla e che una volta vista e salutata tirava dritto per la sua strada non importava. Che servisse messa con un solo bimbotto perché alle sette e mezza del mattino della domenica è più facile tirar giù dal letto un bambino rispetto anche solo ad uno che va già alle medie nemmeno. Che fu visto nudo da un cinno perché nei bagni del campeggio estivo non c'era la chiave per evitare che, come successo più volte, gli anzidetti cinni si chiudessero dentro e poi si dovesse andare a chiamare i Vigili del Fuoco per aprire la porta neanche a parlarne.

Il sussurro divenne voce che a sua volta divenne accusa. Subdola, infida, viscida. Restò voce per un po' e l'aveva sempre detta qualcun altro. Di voce in voce ognuno ce ne aggiungeva un pezzetto. Finché arrivò nelle orecchie sbagliate. Le sue. E furono esami fin lì con ottimi tempi e ottime medie, come del resto tutto il suo percorso scolastico, in ritardo e poi fu ritiro. E furono incomprensioni e poi fu rottura con la morosa. E fu un aumento di peso come neanche se fosse stato messo all'ingrasso. E poi, qualche anno dopo, qualche anno di casa come prigione forse nemmeno troppo dorata, qualche anno di non-vita, in un giorno di quella stagione che invece di vita profuma, un giorno in cui i suoi coetanei si accingevano ad andare in vacanza, alla festa della birra, ad un concerto, fu un' auto, un tubo flessibile nell'abitacolo e un biglietto "Penso sia stato tutto molto ingiusto". Non un'accusa, non una denigrazione, non un biasimo per gli altri ma l'espressione di un suo personale sentimento, introdotto da un "Penso". Lui sì, un Uomo vero, anche se parlava come Candy Candy e muoveva la manina come una sciantosa.

Sono passati 15 anni da quel 25 luglio.

Ne avevo dodici e mille altri e diversi pensieri per la testa. Io con lui ci ho fatto tutte le cose che fa un bimbo che praticamente viveva più in oratorio e in chiesa che a casa, dove non facevo altro che mangiare e dormire. Mi sono trovato centinaia di volte da solo con lui e non ricordo nessun comportamento men che corretto. Anche sforzandomi per dare un senso, anche tragico, a quel che accadde. Mia mamma, ed è uno dei motivi per cui anche quando mi fa incazzare come nessuno mai, la stimo comunque parecchio, fu una delle poche donne del paese che, pur comprensibilmente (comprensibilmente perché mi ricordo il clima di allora, pareva di avere un mostro all'uscio, e comprensibilmente perché sono suo figlio, ma in realtà di veramente comprensibile non c'era niente) allarmata, cercò sempre di mantenere il contegno del buonsenso, sapendo che quello che non dovrebbe mai succedere, succede attraverso un percorso e non da un momento all'altro e per cui, dopo avermi catechizzato sulle antenne da mantenere dritte e sul riferirle qualsiasi atteggiamento ambiguo, mi lasciò fare la vita di sempre.

Al funerale, nel solito di trionfo di "quando nascono son tutti belli, quando si sposano tutti buoni e quando muoiono tutti bravi" unito alla coda di paglia di sapere benissimo di aver contribuito, ognuno col suo mattoncino, alla morte, ricordo velate accuse alla famiglia di non essergli stata vicino (e chi ha avuto a che fare con un depresso non ha bisogno che aggiunga altro), frasi senza senso ("Era fragile"), ipotesi del movente ("Andava male all'università" - "L'aveva lasciato la morosa" - "Era ingrassato" - !!!) che evitavano accuratamente di menzionare la causa scatenante di tutto ciò, che tutti sapevano, perché per anni non si era parlato d'altro. Ricordo che per la prima volta nella mia vita mi fece schifo la gente e non è un sentimento che ho provato spesso perché gente alla fine siamo tutti e mi è sempre sembrata una scorciatoia. Un'umana, naturale, fisiologica scorciatoia. Però imparai una cosa: prima di fare un'accusa, di qualsiasi tipo ma soprattutto se questa è (la più) grave e (la più) infamante bisogna accertarsi fino all'esaurimento nervoso di avere qualcosa in mano, perché un'esistenza ci vuole una vita a costruirla e una voce a distruggerla. Ed è uno dei parametri coi quali giudico e misuro le persone che incontro lungo il cammino. Per cui, ovunque tu sia, ti ringrazio.

8 commenti:

  1. (Il mio commento te lo mando via mail)

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    1. Comunque, per risollevare un pochino gli animi...
      Due domeniche fa il don del paesello ha annucciato che non sarà più don, per motivi personali...
      Immediatamente è partito il tam tam delle arzille signore... per ora ho sentito che:
      - ha trovato la morosa
      - ha trovato il moroso
      - ha trovato la morosa ed è incinta
      - ha una relazione con una signora di 58 anni (vi faccio notare la precisione della notizia, pure gli anni! Studio aperto gli fa 'na pippa)
      - ha una relazione con la figlia di una signora della vicina cittadina (forse proprio la figlia della signora 58enne?)
      Rimane che sul giornale locale sono usciti 3 articoli sull'ex don per 3 giorni di fila e qualcuno ha dichiarato che "vedere il camion dei traslochi che portava via le sue cose è stato un colpo terribile!!"
      Eppure, che io sappia, tutti TUTTI si lamentavano di lui.

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    2. A breve sentirai dire che:
      - la morosa è la figlia della 58enne che in realtà è proprio sua figlia, ed era suora e adesso è incinta a sua volta e abortirà spinta dall'ex don, per poi fare un intervento per diventare maschio per compiacere il suo amante.

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    3. Muccino ha preso appunti. Manca solo il tormentone jovanottiano, chiaramente infarcito di esse che diventano effe, e poi abbiamo un film.

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  2. Post stupendo.
    Da aggiungere non ci son parole più esatte e profonde e toccanti delle tue. Solo un'amara riflessione su quanta verità hai sottolineato. Su quanto le parole siano armi cariche in grado di far molto più male, molto più a lungo. Te le porti dentro per molto, troppo tempo. E se trovano terreno fertile riescono a far germogliare il male vero. Quello di vivere.

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  3. Commovente, coinvolgente, sembrava un editoriale di una grande firma o la prefazione di un libro di successo, anche se purtroppo è realtà. Complimenti.

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